Actions

Work Header

Il testamento di Frigga Fjörgynsdottir

Summary:

La lettura delle ultime volontà di Frigga costringe Loki a ritrovarsi nella stessa stanza con Odin e Thor dopo anni di silenzio dal loro ultimo incontro. La situazione è inevitabilmente destinata a degenerare, soprattutto in seguito alla rivelazione del contenuto del testamento che metterà tutti di fronte alla resa dei conti con vecchi e nuovi conflitti.

Human AU. Thor, Loki e Odin non sono altro che membri di una benestante ma normalissima e disfunzionale famiglia americana.

Rating "Teen and up" per la presenza di tematiche quali disturbi mentali e tossicodipendenza, saranno presenti dei trigger warning più specifici all'inizio del capitolo corrispondente.

La storia è completa ed è composta da 4 capitoli, tenterò di postarli tutti in giornata, comunque verrà conclusa a breve.

Notes:

Chapter 1: Capitolo 1

Notes:

(See the end of the chapter for notes.)

Chapter Text

Capitolo 1:

 

 

 

“Rivera, finalmente, sei riuscito a farmi bere quasi due tazze di questa merda che hanno il coraggio di chiamare caffè mentre aspettavo che ti degnassi a portare qui il tuo culo messicano. Non ti facevo un tipo da vendetta passivo-aggressiva” disse Odin, senza voltarsi a guardare l’uomo che prendeva posto sullo sgabello al bancone del bar accanto a quello occupato da lui. Poggiò una valigetta in pelle sul bancone e iniziò a frugare in fretta al suo interno, tirando fuori un taccuino.

“Sono arrivato il prima possibile, Borson, ma stamattina il traffico è asfissiante, per non parlare del capannello di giornalisti all’ingresso, non sai che cosa mi sono dovuto inventare per evitarli.” rispose Rivera, sfogliando le pagine del quadernino con urgenza.

“Eh, non dirlo a me, ho dormito sul divano del mio ufficio pur di non dover passare in mezzo a quel gruppo di avvoltoi stamattina. Allora, buone notizie? Abbiamo la giuria?” Odin si era deciso a voltarsi verso Rivera, e alternava lo sguardo fra il viso dell’uomo e il taccuino che quest'ultimo aveva poggiato sullo spazio del bancone condiviso dai due e che teneva aperto con l’indice e il pollice della mano destra.

“Direi di si, come vedi la maggioranza sarebbe incline a dichiarare l’imputato non colpevole. Gli unici due giurati che potrebbero darci problemi sono il numero 3 e il numero 5.” Rispose Rivera, grattandosi distrattamente il sopracciglio destro.

“Il 3 e il 5? Fa vedere… Barbie e Mr. Bean? Sul serio?” esclamò Odin, puntando un dito sulle due fotografie in primo piano e alzando le sopracciglia. La prima mostrava una giovane bionda con due occhioni azzurri impossibilmente grandi, l’altra un uomo magro e pallido, con capelli rossicci e una stempiatura importante, sfoggiava un paio di occhiali tondi dalla montatura spessa e una camicia a quadri con varie sfumature di marrone e di blu.

“Haley Ross e Matthew Smith, lei ha 22 anni, si sta laureando al Community College in letteratura inglese, ha partecipato a varie serate open mic in quel bar di hippy all’incrocio fra la Columbia e la 7th suonando la chitarra e cantando pezzi di Bob Dylan e ha la tessera come membro di un paio di quei circoli culturali a Bleeker Street. Lui insegna filosofia alla Weaver High, vive insieme alla madre invalida di cui si occupa da solo e gira con i libri di Dorothy Parker e Simone de Beauvoir sotto braccio” Il resoconto di Rivera non fece altro che incentivare il mal di testa che stava iniziando ad affliggere Odin. Poggiando un gomito sul bancone si strofinò gli occhi chiusi con le dita mentre ascoltava, poi si pizzicò la base del naso fra l’indice e il pollice e sospirò.

“Splendido. Ricapitolando abbiamo fra le palle Miss Che Guevara e il suo forte idealismo da millennial e scommetto pure che è il suo primo giro di giostra come giurata, perciò sarà più che entusiasta di poter mettere finalmente in pratica i suoi più cari valori di giustizia, verità e libertà che l’hanno tanto affascinata durante i suoi studi” guardò Rivera con un sopracciglio alzato, come in attesa di conferma. L’uomo strinse le labbra in una linea sottile e fece spallucce, una risposta abbastanza eloquente. “Certo. E poi abbiamo il signor Smith, un frustrato insegnante di liceo, un femminista col cognome più banale e noioso del mondo che è talmente altruista da occuparsi lui stesso della mamma invalida rinunciando alla possibilità di avere una qualsiasi vita sociale normale invece di abbandonarla in una casa di cura come fa il novanta percento delle persone che si trova sul groppone mammina malata. Semplicemente splendido.” sospirando Odin abbassò la mano a grattarsi la guancia coperta da una curata barba bianca, un espressione pensierosa sul volto.

Qualsiasi forma di risposta stesse per uscire dalla bocca di Rivera venne interrotta dall’arrivo di una donna che si era avvicinata ai due uomini con piccoli passetti corti e rapidi dei suoi piedi fasciati in un paio di eleganti décolleté, si fermò di fronte ad Odin con una postura rigida del corpo infilato in uno scuro tailleur, le sopracciglia corrugate in un espressione preoccupata. “Signor Borson?” disse, rivolgendosi ad Odin.

“Mi dispiace disturbarla, ha appena telefonato un certo signor Brooks chiedendo di parlare con lei, ho tentato di spiegare che non poteva essere reperibile per oggi, ma il signore ha insistito e-”

“Tranquilla Janet, signor Brooks? Andrew Brooks?” chiese Odin, alzandosi dallo sgabello del bar e voltandosi completamente verso la donna. Lei annuì e fece per continuare a spiegarsi, ma l’uomo la interruppe con un gesto della mano e girandosi a raccogliere il cappotto disse. “Va bene, torna su e dì al signor Brooks che parlerò con lui fra un momento, poi passa la chiamata nel mio ufficio. Rivera?”

Chiese poi girandosi verso l'uomo ancora seduto al bar dopo aver fatto qualche passo in direzione degli ascensori “Mi raccomando, occupati dei due giurati, li voglio fuori prima dell’udienza di giovedì.”

“Certo Borson, non c’è problema.” Rispose Rivera mentre infilava di nuovo il taccuino nella valigetta e raccoglieva le sue cose.

Finalmente ci siamo, pensò Odin mentre varcava la soglia del suo ufficio e si chiudeva la porta alle spalle. Si sedette alla scrivania, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, poi alzò la cornetta del telefono, premette un bottone e cominciò.

“Signor Brooks? Buongiorno, Odin Borson.”

“Ah signor Borson, sono contento di riuscire a trovarla finalmente. Mi dispiace doverla disturbare, sono sicuro che in questo periodo è decisamente impegnato.” Disse una voce distratta dall’altro capo del telefono, con un fruscio di carte e il rumore di una stampante in funzione in sottofondo.

“Già, beh non prenda troppo sul serio ciò che dicono i telegiornali” disse Odin, con una nota seccata nella voce.

“Eh, si figuri, so bene che non bastano un paio di prove circostanziali per metterla in difficoltà. Comunque non le ruberò molto tempo, volevo solo avvertirla che il testamento di sua moglie è stato finalmente autenticato ed è pronto per la lettura”

Odin si appoggiò sullo schienale della sedia, un gomito sul bracciolo e la mano a reggere la fronte. “Oh, certo, capisco. Ha già contattato mio figlio Thor?”

“No signore, volevo avvertire lei per primo. Se preferisce posso avvertire io Thor e Loki, ma dovremmo prima accordarci su una data e un luogo così che possa riferir-”

“No, non si preoccupi, parlerò io con Thor e le farò mandare un email da Janet, la mia segretaria, con i dettagli sull’incontro in giornata. Grazie signor Brooks.”

“Oh, va bene, come preferisce signor Borson, allora grazie a lei e buona giornat-”

Odin attaccò il telefono. Si alzò e si diresse verso la vetrinetta vicino alla libreria, l’aprì e tirò fuori una bottiglia di liquore ambrato e un bicchiere, poggiò entrambi sulla scrivania e ne versò una generosa quantità nel bicchiere. Si sedette di nuovo, poi guardò l’orologio da polso aggrottando la fronte.

Whisky liscio alle 10:34 di lunedì mattina. Che delizioso e promettente inizio settimana, pensò. Fece ondeggiare il liquido nel bicchiere osservando per un po' i giochi di luce prodotti dal raggio di sole che lo colpiva entrando dalla finestra, poi lo vuotò con un sorso solo e dopo aver alzato la cornetta del telefono la bilanciò tra la spalla e la guancia sinistra, cominciando a comporre il numero sul tastierino. La mano destra fu subito occupata a prendere di nuovo la bottiglia per versare un altro bicchiere, che sorseggiò lentamente nell’attesa di una risposta dall’altro capo del telefono.

 

 

 

— ♦ —


 


Thor era intento a osservare quei due campioncini di stoffa oramai da qualche minuto, grattandosi distrattamente la nuca.

“Allora? Quale dei due colori preferisci?” Gli chiese Jane infine, più che altro per rompere il silenzio probabilmente, perché Thor mostrava ancora un espressione confusa e indecisa sul volto.

“Tesoro, sono uguali” Si decise infine ad ammettere, una mano sul fianco e l’altra a indicare i due quadratini posati sul tavolo di fronte a lui con il palmo aperto.

“Ma che dici, questo è arancione cadmio, mentre quest’altro è più verso il melograno” Disse Jane, indicando prima l’uno e poi l’altro. “Hanno un effetto totalmente diverso sull’insieme, soprattutto considerando la luce del soggiorno. Secondo me il cadmio valorizza di più il divano.” decise infine, prendendo il quadratino e allontanando la mano verso la porta finestra del soggiorno, per avere una visione d’insieme.

“E cadmio sia allora.” Rispose Thor, posando entrambe le mani sulle spalle della donna e un leggero bacio sui capelli castani mentre osservava anche lui l’effetto che le tende di quel particolare colore avrebbero donato all’ambiente.

“Sai, quando mi hai chiesto di andare a vivere insieme non pensavo che intendessi dire Ti va di passare le prossime settimane a scegliere colori e arredi e trascorrere le domeniche pomeriggio da Ikea?” disse Jane, lasciando cadere il quadratino di stoffa sul pavimento e girandosi verso Thor, le mani sui fianchi e un sorrisetto divertito stampato sul volto.

“Sono un astrofisica, non un arredatrice d’interni”

“E io sono un avvocato, ma qualcuno dovrà pur occuparsene e visto che si tratta di casa nostra, quel qualcuno siamo noi” disse Thor, rubando un veloce bacio alla donna che dopo un sospiro aggiunse con un sorriso: “Mi piace come suona. Casa nostra”

Il salotto fu invaso dal suono improvviso di un’insopportabile canzone pop, i due si guardarono confusi per un momento.

“Non sono io” ci tenne a precisare subito Jane, ma Thor si stava già frugando nelle tasche dei pantaloni dopo aver alzato gli occhi al cielo e tirando fuori il cellulare disse: “Se quell’idiota di Fandral non la pianta di cambiarmi la suoneria ogni volta che ci vediamo giuro che… Pronto?” Jane si allontanò ridacchiando verso la cucina.

“Ciao figliolo.” Rispose una voce stanca dall’altro lato del telefono.

“Oh, ciao papà. Tutto bene in ufficio? Devo raggiungerti?” disse Thor avvicinandosi all’armadio all’ingresso, pronto a prendere il cappotto.

“No, qui è tutto sotto controllo, considerando la situazione in cui ci troviamo per lo meno. Ho parlato con Rivera, sarà bene che gli telefoni più tardi, così aggiornerà anche te. Io ho chiamato per un altro motivo”

“Che succede?” chiese Thor, che nel frattempo aveva cambiato traiettoria e si stava avvicinando al divano.

“Poco fa mi ha chiamato Andrew Brooks. Il testamento di Frigga è pronto” Ci fu un momento di silenzio. Thor si lasciò cadere sul divano e si passò una mano fra i capelli.

“Oh. Ho capito. Beh era ora, se l’è presa comoda Brooks. Ha detto quando ci vediamo per la lettura?”

“Ho detto che gli avrei fatto sapere io in giornata. Pensavo a venerdì pomeriggio a casa, non mi sembra pratico far venire tutti in ufficio con quella squadra di giornalisti sempre presenti all’ingresso.”

“Mmhh, si, va bene. Hai avvertito anche Loki? Verrà?” Jane fece capolino dall’ingresso della cucina e rivolgendosi al compagno formò con le labbra la parola Loki senza emettere alcun suono, con aria interrogativa e stupita. Thor le rispose con un gesto della mano destra ad alludere che le avrebbe dato delle spiegazioni in seguito.

“No, e non ho intenzione di farlo” disse Odin. Thor si coprì gli occhi con una mano strofinando piano.

“Papà, lo sai meglio di me che legalmente dovrà essere presente anche lui. Se preferisci posso chiamarlo io. Sempre se decide di rispondermi” mormorò l’ultima frase più a se stesso che al padre.

“Fai come ti pare. Per me quel ragazzino ingrato può anche non venire, al diavolo gli obblighi legali” Thor si lasciò sfuggire l’ennesimo sospiro.

“Sono passati più di due anni. Non potresti almeno provare a seppellire l’ascia di guerra? Anche solo per venerdì pomeriggio” Thor aspettò in silenzio qualche secondo ma non giunse nemmeno un verso in risposta da parte di Odin.

“Va bene, ascolta, ci penso io a Loki. Ci vediamo domani mattina in ufficio” concluse Thor con tono sconfitto.

“Ciao figliolo. E chiama Rivera prima di domani mattina” rispose Odin.

“Si, papà. Buona giornata” Thor attaccò il telefono, se lo rimise in tasca e si afflosciò sul divano sospirando, coprendosi gli occhi con entrambe le mani. Un movimento alla sua destra e una piccola mano delicata sulla spalla gli annunciarono che Jane lo aveva raggiunto.

“Tutto bene?” chiese lei, con aria preoccupata. Thor si posò le mani sulle ginocchia e si raddrizzò un pochino prima di rispondere.

“Il testamento di mamma è pronto. Venerdì pomeriggio ci vediamo col notaio per la lettura. E ovviamente tocca a me parlarne con Loki” disse con uno sbuffo. Tirò di nuovo fuori il telefono e fissò lo schermo nero. “Non ho sue notizie da quasi un anno” concluse con aria assorta. Jane lo guardò con un sorriso triste.

“Lo so. Mi dispiace. Ti lascio alla tua telefonata allora, se hai bisogno di me mi trovi di là” disse lei indicando la camera da letto con il pollice. Dopo un ultima stretta rassicurante sulla spalla del compagno Jane si alzò e si incamminò lungo il corridoio. Thor la guardò sparire nella loro camera e chiudersi la porta alle spalle.

Rimase a fissare le lettere luminose del contatto di suo fratello sulla rubrica del telefono per quella che sembrò essere un'eternità, senza avere il coraggio di pigiare il tasto “chiama”, con una sensazione sgradevole al centro del petto, come se improvvisamente il tessuto osseo del suo sterno si fosse tramutato in piombo. Poi il suo pollice decise di agire per conto suo, e poco dopo stava ascoltando gli squilli regolari del telefono, non sapendo se fosse più forte il desiderio di sentire di nuovo la voce del fratello per assicurarsi che fosse vivo o quello di sperare di essere ignorato per l’ennesima volta e risparmiarsi la telefonata, lasciando semplicemente un messaggio in segreteria.

La battaglia mentale fu interrotta da una serie di rumori metallici e un sibilo costante provenienti dall'altro capo del telefono.

“Oh merda, fantastico… ci mancava sol- cazzo!… si, pronto?!”

Appena la voce irritata di Loki gli giunse alle orecchie per poco non gli cadde dalle mani il telefono per la sorpresa. “Loki? Ma che stai facendo, c’è un rumore assurdo, stai bene?”

La serie di rumori metallici si interruppe di colpo e per qualche secondo Thor sentì solamente il leggero sibilo di sottofondo, poi un fruscio e subito dopo una serie di thud, thud, thud, come passi ovattati su un morbido tappeto.

“Thor?” una sola parola e dal tono suo fratello sembrava già incredulo, esausto ed irritato. Bene.


 

— ♦ —

 

 

Plin. Plin. Plin.


Loki aprì gli occhi di scatto e si girò di schiena sul materasso, scalciando le lenzuola e coprendosi gli occhi con un braccio, un sospiro frustrato gli uscì a forza dalle narici, le labbra strette in un unica linea tirata. Tastando alla ceca il pavimento alla sua destra riuscì a prendere il telefono e sbirciando con un occhio da sotto l’interno del gomito diede un’occhiata allo schermo. 11:07. Ho quasi dormito per ben 17 minuti. Dev’essere un nuovo record, pensò, abbassando la mano e il telefono sul materasso.

 

Plin. Plin. Plin.

 

Ci mancava anche questa insopportabile goccia cinese. Sicuro, dopo la televisione a volume assordante della signora Ramos, l’abbaiare incessante del jack russell della famiglia Bennett e le urla dell’ennesimo litigio della coppia di piccioncini innamorati del piano di sopra, questo nuovo suono che lo aveva svegliato era al confronto come un balsamo per le sue orecchie. Non era meno fastidioso però e in questo caso proveniva decisamente dal suo appartamento, quindi Loki si decise ad alzarsi per indagarne la fonte.

Si alzò e s’infilò il maglione verde bottiglia che aveva abbandonato la sera prima sul pavimento vicino al materasso, si diresse poi verso l’angolo cottura trascinando i piedi e soffocando uno sbadiglio aprì il rubinetto e bevve qualche sorso d’acqua direttamente dal getto. Mmhh, pensò chiudendo l’acqua e osservando il lavello, decisamente non viene da qui. S’incamminò quindi verso il bagno, si sciacquò il viso e evitando accuratamente di guardarsi allo specchio lo tuffò nell’asciugamano.

 

Plin. Plin. Plin.

 

Posando l’asciugamano di scatto si affacciò nel piatto doccia. Plin. Plin. Plin.
Bingo pensò, incrociando le braccia al petto e osservando il telefono della doccia con un ghigno sulle labbra. Allungò una mano verso le manopole del rubinetto, stringendo il più possibile il meccanismo. Plin. Plin. Plin.
Infastidito, strinse anche il punto di raccordo fra il tubo metallico e il telefono della doccia ad entrambe le estremità. Plin. Plin. Plin.
Incrociò di nuovo le braccia al petto e squadrò con odio il maledetto tubo.

 

Plin. Plin. Plin.

 

Con uno scatto fulmineo si girò in direzione del mobiletto sotto l’angolo cottura e attraversò la distanza in poche falcate risolute, prese la cassetta degli attrezzi e tornò in fretta di fronte alla maledetta doccia armato di chiave inglese. Dopo aver stretto con una forza esagerata qualsiasi bullone sul quale era riuscito a posare gli occhi si mise le mani sui fianchi e aspettò. Silenzio. Soddisfatto e con un mezzo sorriso compiaciuto stampato sul volto si chinò a rimettere al suo posto la chiave inglese e a recuperare la cassetta degli attrezzi, quando fu colpito alla nuca dal telefono della doccia e dal tubo di metallo ad esso saldamente collegato. Con un verso di dolore, sorpresa e rabbia alzò la testa, massaggiando con una mano la base del collo e fu accolto da un getto d’acqua gelata in pieno volto.

Era impegnato a tentare di bloccare il flusso d’acqua fredda con le mani, con il maglione che si era velocemente sfilato e tutti gli asciugamani che era riuscito a rimediare, calciando via furiosamente il tubo di metallo e il telefono della doccia abbandonati sul pavimento quando udì la vibrazione del suo cellulare, abbandonato sul ripiano del lavandino poco distante. Mentre con la mano destra teneva premuto il fagotto di asciugamani e maglione contro il getto incessante, si asciugò come poté la sinistra sui pantaloni bagnati del pigiama e allungandosi passò il dito sullo schermo dello smartphone per rispondere. Avanti, maledetto touch screen, pensò dopo il terzo passaggio, con una rabbia crescente. Al quarto, riuscì a rispondere e a pigiare anche il tasto del vivavoce, ma il cellulare cadde a terra nella pozza d’acqua che si stava rapidamente formando ai suoi piedi.

“Oh merda, fantastico… ci mancava sol- cazzo!… si, pronto?!” Rispose frustrato, mentre gli asciugamani e il maglione, sempre più bagnati, pesanti e inutili gli scivolavano dalle mani. Quell’idiota di Coulson aveva il potere di chiamarlo sempre nei momenti meno opportuni.

“Loki? Ma che stai facendo, c’è un rumore assurdo, stai bene?”

La voce del fratello maggiore lo colpì come un fulmine a ciel sereno. Smise improvvisamente di calciare via il tubo di metallo, di tenere il fagotto di asciugamani premuto contro l’asse della doccia, di lanciare imprecazioni a tutte le divinità di sua conoscenza, di fare qualsiasi cosa in realtà. Rimase lì, immobile, a fissare il telefono in terra con occhi sgranati e le braccia abbandonate lungo i fianchi, come se l'oggetto potesse saltargli alla gola da un momento all'altro. Riacquistata improvvisamente la lucidità, probabilmente anche grazie al getto d’acqua fredda che ora aveva libero accesso al lato destro della sua testa, raccolse il cellulare da terra, tentò di asciugarlo il più possibile con l’unico asciugamano semi asciutto che gli era rimasto e si allontanò dal bagno con passi veloci, si lasciò cadere sulla sedia del tavolino in cucina vicino l’angolo cottura e si poggiò il telefono all’orecchio.

“Thor?” La sua stessa voce aveva un tono esausto, irritato e fastidiosamente colpito. Si annotò mentalmente di riprenderne il controllo. E di non dare più per scontata l’identità di chi lo avrebbe cercato al telefono in futuro, già che c’era.

“Ehi fratello. Disturbo? Come stai?” domandò Thor con un tono un po' preoccupato e un po' sinceramente incuriosito.

“No, figurati, sto una meraviglia” rispose Loki strizzandosi i capelli e sfregando un dito nell’orecchio destro inclinando la testa, con la speranza di riacquistare la piena funzionalità uditiva. Fortunatamente la sua voce sembrava collaborare di nuovo ed essere tornata al consueto tono sarcastico che riservava al fratello maggiore. “Non ho mai avuto così tanto tempo in vita mia da dedicare a me stesso e così poca forza di volontà per farlo. Tu, piuttosto, so che ne hai di novità da raccontare. Sulle migliori testate di gossip del mese scorso non si leggeva altro che del tanto atteso ritorno del figliol prodigo.”

“Sto facendo il praticantato allo studio di papà, si. Era esattamente questo il piano” rispose Thor, con un sospiro frustrato.

“Davvero? Era questa la tua aspirazione? Che buffo, ho ricordi un tantino contrastanti dei nostri gloriosi tempi di Yale, io che passo le giornate in biblioteca circondato da pile di tomi e manuali di giurisprudenza e te che le passi sul campo di football a dare il meglio di te per la squadra, implorandomi poi di aiutarti a superare gli esami finali. Forza Bulldogs!” concluse Loki in tono canzonatorio alzando un pugno in aria.

“Loki, ti prego. Possiamo tentare di avere una conversazione civile per cinque minuti? E da quando in qua leggi riviste di gossip, comunque?” Thor aveva un tono lievemente irritato. Ops.

“Penso che questi siano stati i cinque minuti di conversazione più civile che noi due ci siamo mai scambiati, Thor. Purtroppo sia nell’ufficio dell’agente di sorveglianza della polizia statale che nell’aula del gruppo di assistenza per tossicodipendenti i romanzi di Fitzgerald, Hawthorne e Hemingway erano già stati presi, che ci vuoi fare, mi sono dovuto accontentare di Vanity Fair” Loki riusciva perfettamente a immaginare Thor in quel momento come se ce l'avesse avuto davanti, sicuramente se ne stava seduto, il busto chinato, il gomito appoggiato al ginocchio e una mano sugli occhi, una posizione che gli aveva visto assumere in continuazione durante le loro amabili conversazioni in passato. L’immagine mentale gli fece assumere un ghigno soddisfatto. Chi l’avrebbe mai detto che una telefonata con suo fratello poteva rivelarsi tanto divertente. A saperlo avrebbe risposto molto prima. Volontariamente.

“Giusto, ho saputo che sei stato rilasciato in libertà vigilata. Potevi chiamare, ti sarei venuto a prendere”

“Si, beh, durante l’anno e mezzo che ho passato dentro mi sei venuto a trovare una volta e in seguito hai accettato solamente una mia telefonata. Puoi biasimarmi?” Di nuovo uscì fuori il tono ferito e irritato dalla sua traditrice bocca maledetta. Loki strinse la mano appoggiata sul tavolo in un pugno chiuso grattandosi ritmicamente il palmo con le unghie nel tentativo di calmare i nervi. Ecco qua, finito il divertimento.

“Non mi hai chiamato nemmeno per il funerale di mamma. Nessuno si è degnato di informarmi, l’ho dovuto leggere su un trafiletto di un quotidiano il giorno successivo di quanto la funzione fosse stata toccante, e di quanto le parole di commiato dell'amato figlio maggiore siano state colme di sentimenti e dotate di un’ incredibile espressività poetica nonostante l’evidente dolore. Dimmi Thor, chi è l’autore del tuo discorso di addio? Perché data una tale recensione critica piena di elogi, davvero non puoi pensare che io creda che sia tutta farina del tuo sacco.” Loki aveva sputato le parole citate dall’articolo di giornale che aveva imparato a memoria dopo aver letto le poche righe innumerevoli volte con un sarcasmo velenoso.

Thor ignorò completamente la domanda provocatoria. Forse stava finalmente imparando a tenere a bada la sua testa calda. Peccato. “Loki, ti prego. Sappiamo entrambi che fu papà a informarti a proposito del funerale e che tentò di farti ottenere un permesso per assistere alla funzione. Non è colpa di nessuno se la notizia della morte di mamma ti sconvolse tanto da provocarti, uhm… una ricaduta e che la richiesta per il permesso fu respinta. Non è successo a causa tua, ma sicuramente nemmeno mia o di papà.” rispose deciso.

Una ricaduta” scandì Loki con una risatina ironica, passandosi il palmo della mano sull’occhio destro. “Thor, davvero, dopo tanti anni non ti facevo ancora così ingenuo. Odin non mi rivolge la parola da quella maledetta notte di due anni fa, se sostiene il contrario mente. Certo, tecnicamente si prese il disturbo di informarmi, se vogliamo definire così una telefonata del suo cagnolino Rivera al carcere e una misera frase pronunciata da un secondino più interessato alla sua dose di caffè nero mattutino che alla notizia che fu incaricato di riportarmi. Diavolo, sono io quello con i circuiti del cervello collegati talmente male che il risultato di una risonanza magnetica somiglia più a una fotografia di Times Square a capodanno, ma perfino io mi rendo conto che non è il modo migliore per informare un figlio del decesso di sua madre. Sai, ultimamente sto iniziando a realizzare che forse la mia fama a proposito di bugie è mal indirizzata, sono stato l’oggetto di inganni e menzogne decisamente più spesso di quanto ne sia stato l’artefice.” concluse con un'altra risata ironica priva di allegria.

Ci fu un momento di silenzio in cui Loki sentì solo un lungo sospiro esausto da parte di Thor. Davvero, magari era ancora parecchio tonto e ingenuo, ma suo fratello aveva seriamente messo un coperchio su quel suo animo impetuoso.

“Ti ho chiamato proprio per parlarti di mamma. Il notaio dice che il testamento è pronto. Venerdì ci incontriamo tutti a casa di papà per la lettura.”

Loki sbatté più volte le palpebre e deglutì. “Mamma mi ha citato nel testamento. Per questo me lo stai dicendo, la mia presenza alla lettura è legalmente obbligatoria.” Non era una domanda. Questa volta Loki non si preoccupò di nascondere lo stupore.

“Te lo sto dicendo perché penso che sia giusto che tu sia presente. A mamma avrebbe fatto piacere. E anche a me” rispose Thor con tono velatamente speranzoso.

Loki annuì. Poi sembrò ricordarsi che Thor non poteva vederlo, quindi si sforzò di parlare. “Capisco. Beh non posso dire che sarà un piacere passare un pomeriggio insieme a Odin e a quel segugio del suo amico Rivera, che sicuramente si porterà dietro come rinforzo, ma scommetto che la cosa è reciproca. Ora che ci penso questo è sicuramente un incentivo per pensare di fare un salto”

“Dovrei interpretarlo come un assenso? Significa che verrai?” chiese Thor, più spossato che mai.

Loki aveva preso a tormentare il bordo della maglietta del pigiama sfilacciandolo distrattamente con le unghie. “Si, penso di si” decise infine.

“Bene, allora ci vediamo venerdì. Buona giornata, fratellino” Salutò Thor, interrompendo la telefonata. Loki posò lo smartphone sul tavolo della cucina con poca grazia, poi si alzò per tornare in bagno.

Raccolse gli asciugamani zuppi dal pavimento ormai allagato e si appoggiò con la spalla allo stipite della porta. Provava uno strano e alquanto irrazionale impulso di poggiarsi sulla testa il fagotto gocciolante, per sentire il freddo della stoffa bagnata sul viso e le goccioline d’acqua gelida farsi strada lungo il collo e la schiena. Invece prese una bacinella, ci strizzò dentro gli asciugamani e tornò in cucina per recuperare il telefono e chiamare un idraulico.

Notes:

Ecco qua il primo capitolo, funge un pò da fonte di contesto introduttiva, dal prossimo capitolo inizia la vicenda vera e propria.
Piccolo disclaimer: non sono un esperta in giurisprudenza, e anche se ho tentato di documentarmi al meglio sulla legge americana per rendere il tutto un minimo realistico, è possibile che abbia inserito delle stupidaggini, come ad esempio l'obbligo per gli eredi di essere presenti alla lettura del testamento. Ehm. Ma la considereremo una una licenza letteraria, giusto? bene.
Ah, la scena di Loki che combatte con la doccia potrebbe o non potrebbe essere ispirata a fatti realmente accaduti alla sottoscritta. Nel dubbio comunque lasciate pure il contatto del vostro idraulico di fiducia nei commenti.

Ci vediamo nelle note del prossimo capitolo,
GipsyK

Chapter 2: Capitolo 2

Notes:

Attenzione!! Trigger Warning: il capitolo contiene una descrizione esplicita di un episodio psicotico e un attacco di panico raccontata dal punto di vista della vittima con pensieri negativi di odio verso se stessi. Vi prego di non leggere se pensate che vi possa creare problemi, la salute mentale viene prima di tutto! Se c'è qualcuno che non se la sente di leggere ma vorrebbe comunque seguire la storia me lo faccia sapere in un commento, così provvederò a inserire un piccolo riassunto all'inizio del prossimo capitolo. Stay safe!

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Capitolo 2

 

 

Loki parcheggiò la vecchia Ford del ‘96 color petrolio sul lato destro del vialetto, tirò il freno a mano, e osservò dal finestrino la casa in cui era cresciuto. La radio stava riproducendo una playlist di musica folk e delicati fiocchi di neve avevano iniziato a posarsi sul parabrezza. Loki strinse le mani sul volante, le nocche bianche e le dita rosse per il freddo e fece una serie di respiri profondi, producendo piccole nuvolette di vapore che salirono ad appannare i vetri. Quando Cat Stevens iniziò a suonare father and son interrompendo il fiume di pensieri e ricordi che lo aveva portato ad isolarsi per un momento all’interno della sua mente, Loki guardò la radio con odio, come se l’apparecchio lo avesse tradito e insultato. Girò la chiave spegnendo il motore, uscì dall’auto e chiuse la portiera con un po' troppo entusiasmo.

Si avviò lungo il vialetto che conduceva alla sua vecchia casa con passi veloci, il bavero del cappotto alzato, le spalle contratte e le mani nelle tasche per proteggersi dal vento gelido. Quando giunse sul portico di fronte alla porta d’ingresso sistemò la postura, inspirando per aprire le spalle e inclinando leggermente la testa prima da un lato, poi dall’altro per rilassare i muscoli del collo, tolse le mani dalle tasche agitandole un momento ai lati del corpo per aiutare la circolazione e scaricare un po' della tensione, poi si concesse un ultimo respiro profondo e suonò il campanello.

La porta fu aperta poco dopo da una piccola donna di mezza età, i capelli grigi raccolti in una cipolla sulla nuca e un sorriso dolce stampato sul viso. Evidentemente Odin aveva assunto una nuova domestica.

 

“Ah, buonasera, lei dev’essere il signor Loki Odinson, prego entri, si gela qui fuori.” Disse la donna facendosi da parte per far passare Loki e chiudendo poi la porta alle loro spalle.

 

“Dia pure a me il cappotto, il signor Borson e gli altri ospiti la stanno attendendo nello studio.” Loki porse il cappotto e il cappello di lana alla donna con un mezzo sorriso teso e un cenno del capo in ringraziamento, passandosi le mani fra i capelli per sistemarli. Sperò che bastasse, all’improvviso gli si era chiusa la gola e non si fidava abbastanza della sua voce. La donna gli regalò un altro sorriso incoraggiante e indicò il corridoio con un gesto della mano prima di allontanarsi e sparire dietro una porta nella direzione opposta.

 

Loki percorse il corridoio avvicinandosi all’ultima porta in fondo con passi misurati, lo sguardo fisso sull’obiettivo per ignorare i fantasmi di una vita passata che lo osservavano con espressioni falsamente felici dalle piccole cornici rettangolari appese alle pareti. Una volta giunto a destinazione riuscì a udire più chiaramente il vociare ovattato all’interno dello studio.

 

-assolutamente non necessario.”

Certo che è necessario papà. Lo aspetteremo. Arriverà a breve ormai, avrebbe dovuto già essere qui.”

Esatto Thor, è proprio questo il problema. Non verrà, tu sei il solito illuso e noi altri avremo tutti perso tempo prezioso.”

Perché nell’attesa non chiediamo ad Agnes se ci prepara un tè?”

 

Loki aveva allungato una mano per bussare e annunciare la sua presenza quando la porta si aprì dall’interno e si trovò faccia a faccia con Rivera. L’uomo, che evidentemente non si era aspettato di trovare qualcuno dall’altra parte, fece un passo indietro dallo spavento e per un attimo calò il silenzio, gli occhi di tutti fissi su Loki che era rimasto stupidamente bloccato con il pugno a mezz’aria.

 

“Sorpresa!” esclamò Loki con tono cantilenante, come se all’interno della stanza ci fossero un gruppo di bimbi dell’asilo e lui fosse l’animatore della festicciola giunto per intrattenerli. Fece qualche passo in avanti per entrare nello studio, Thor lo guardò con un espressione di rimprovero lievemente divertita, Odin fece un verso scocciato alzando gli occhi al cielo.

“Signor Odinson, buonasera, finalmente la conosco, Andrew Brooks, il notaio di sua madre Frigga.” Disse un grasso ometto dai baffi scuri e pochi capelli, alzandosi dalla sua sedia e porgendo una mano al nuovo arrivato. Loki la strinse. “Buonasera. La prego, mi chiami pure Loki.” poi guardò a turno il resto dei presenti.

 

“Odin. Rivera.” disse semplicemente come forma di saluto verso i due uomini. Il primo si limitò a squadrarlo con un espressione dura emettendo una specie di grugnito, il secondo fece un sorriso tirato e alzò le dita della mano destra che teneva poggiata sul suo ginocchio.

“Thor.” disse poi girandosi a salutare l’uomo alla sua sinistra.

“Buonasera fratello. Vieni, siediti qui. Questa è Jane, la mia compagna.” rispose Thor facendo un gesto prima in direzione della sedia vicino a lui e poi verso la donna che gli era seduta accanto, la mano sinistra posata dietro le sue piccole spalle.

“Ciao Loki, sono Jane Foster. Molto piacere, ho sentito tanto parlare di te.” Disse Jane con un gran sorriso mentre gli tendeva una mano, indubbiamente in un tentativo di essere cortese. Loki si accomodò e si sporse poi leggermente in avanti per ricambiare la forma di saluto offerta dalla donna.

“Il piacere è tutto mio, Jane Foster. Purtroppo io non posso dire lo stesso.” rispose lui con un ghigno ironico. Il sorriso sparì dalle labbra di Jane tanto in fretta quanto era comparso e un leggero rossore d’imbarazzo le tinse le guance.

 

“Bene, se abbiamo finito con i saluti e le presentazioni direi che possiamo iniziare” disse Odin accavallando le gambe e incrociando le braccia, guardando Brooks.

 

“Certo. Vorrei iniziare ringraziando tutti voi per esservi riuniti qui stasera, anche se considerando l’obbligo legale probabilmente avrete pensato di avere ben poche opzioni a riguardo” disse Brooks ridacchiando mentre tirava fuori dalla sua borsa alcuni documenti e li posizionava sulla scrivania di fronte a sé. Loki alzò le sopracciglia, si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia al petto.

“Comunque, sono sollevato che siate qui presenti visto che forse non tutti sono a conoscenza del fatto che Frigga decise di modificare il proprio testamento qualche settimana prima della sua morte, chiedendomi inoltre di non sottoporlo all’autentica se non dopo la sua dipartita.” continuò Brooks.

 

Loki aggrottò la fronte e guardandosi intorno vide lo specchio della sua espressione stampato sul volto di tutti i presenti ad esclusione del notaio. Evidentemente il fatto che non tutti fossero già a conoscenza di ciò che Brooks aveva appena rivelato era un eufemismo. Odin si era scambiato un occhiata confusa con Rivera e ora fissava teso i documenti in mano all’uomo seduto accanto a lui.

 

“I beni di Frigga consistono in una villa a Malibù, California, del valore di 1,5 milioni di dollari; 2 milioni di dollari suddivisi in diversi conti bancari e ovviamente il 50 percento delle quote dello studio legale Borson Law” mentre parlava e passava in rassegna i documenti corrispondenti Brooks guardò Odin in cerca di conferma e l’uomo annuì più volte grattando distrattamente con la mano destra la barba bianca.

“Bene, possiamo quindi passare al testamento.” continuò il notaio prendendo una busta chiusa che si apprestò ad aprire con un tagliacarte. Prima di iniziare a leggere il documento si schiarì la voce.

 

“Io, Frigga Fjörgynsdottir-Borson, residente nella città di Simsbury nella contea di Hartford, stato del Connecticut, nel pieno delle mie facoltà mentali, non agendo dietro alcuna costrizione o influenza e con la consapevolezza della natura e dell’estensione di tutte le mie proprietà e di questa disposizione, con la presente dichiaro pubblicamente questo documento come mie Ultime Volontà e Testamento e revoco ogni mia volontà o dichiarazione fornita da me in precedenza.

Lascio in eredità tutte le mie proprietà, sia fisiche che personali, dovunque esse dovessero essere situate, al signor Loki Odinson, residente nella città di East Hartford nella contea di Hartford, stato del Connecticut.

Nomino inoltre come unico beneficiario delle quote societarie in mio possesso dello studio legale Borson Law il signor Loki Odinson, residente nella città di East Hartford nella contea di Hartford, stato del Connecticut.”

 

Nello studio calò un silenzio assordante. Brooks ripiegò con cura il documento, lo posò sulla scrivania e alzò lo sguardo osservando il suo pubblico. Odin e Rivera sembrava che fossero stati colpiti da un gancio destro in pieno volto, Thor fissava la parete di fronte a se con un espressione confusa e ferita, mentre Jane gli stringeva una spalla e lo osservava preoccupata. Loki, più pallido che mai, aveva ancora lo sguardo puntato su Brooks, gli occhi verdi spalancati, le sopracciglia aggrottate, continuava a deglutire a vuoto e sembrava fosse sul punto di vomitare o svenire. Fu Odin a rompere il silenzio.

 

“Sta scherzando” sputò, agguantando con un pugno il documento di fronte a Brooks e rileggendolo fra sé, ignorando Rivera che tentava di sbirciare da sopra la sua spalla.

Che cosa hai fatto”  sibilò Odin puntando gli occhi su Loki, le narici dilatate dalla rabbia e le mani che stringevano talmente tanto il foglio di carta da farlo tremare. Loki non riuscì a evitare di sussultare udendo il tono trasudante l’ira trattenuta a stento e puntò gli occhi su Odin.

“Co-” tentò di rispondere, ma gli uscì poco più di un rantolo, quindi si schiarì la voce e riprovò: “Cosa?”

“So per certo che sei mesi fa non erano queste le ultime volontà di mia moglie, nessuno sano di mente fra i nostri consulenti le avrebbe potuto suggerire una soluzione simile. Perciò ti ripeto la domanda, quale favoletta hai rifilato a Frigga perché ti nominasse suo unico erede, piccolo viscido ragazzino disonesto?” disse Odin posando il testamento e stringendo i braccioli della sedia mentre raddrizzava lentamente il busto.

 

“Disonesto” rispose Loki con un verso ironico “da che pulpito. Non le ho raccontato nulla. Non ho scambiato una sola parola con mia madre in più di due anni, non dalla notte dell’incidente, da quando tu mi hai raggiunto in ospedale e mentre mi trovavo lì, legato al letto e semi cosciente, mi hai urlato in faccia di lasciarla in pace, di non importunare più la tua famiglia, a meno che non avessi voluto passare il resto dei miei giorni rinchiuso a marcire in un manicomio criminale.” tentò di nascondere il tremore delle mani che teneva in grembo spostandole sulle ginocchia e stringendo le dita in una morsa ferrea, sentiva il battito del cuore accelerare esponenzialmente, l’adrenalina scorrere nelle vene e un fastidioso ronzio nelle orecchie. Odin se possibile sembrava ancora più alterato.

 

“Frigga aveva un debole per te ed è sempre stata troppo indulgente nei tuoi confronti, pronta a perdonare qualsiasi tuo capriccio e accogliere qualunque assurda versione della realtà tu le fornissi come giustificazione quando correvi a piangere da mammina. Proprio non potevi fare a meno di aggirarla un’ultima volta, di distruggere di nuovo l’equilibrio di questa famiglia.”

 

Mentre Loki inspirava profondamente per tentare di riacquistare una cadenza respiratoria normale e apriva la bocca per ribattere, Brooks evidentemente decise che fosse il caso di intervenire per calmare le acque.

“Ok, facciamo un passo indietro, io sono qui apposta per chiarire eventuali dubbi dopotutto. Signor Borson, le assicuro che Frigga era nel pieno delle sue facoltà mentali e assolutamente sicura della sua scelta quando mi ha contattato per la modifica, altrimenti mi sarei personalmente rifiutato di accettare il documento, come suo notaio ma soprattutto come suo amico. Spero che questo sia chiaro. Ora, se non avete necessità di ulteriori delucidazioni da parte mia, ho solamente bisogno di una firma da parte del beneficiario, poi posso lasciarvi a godere del resto della vostra serata.” disse l’uomo prendendo fra le mani l’ultimo documento che aveva precedentemente disposto sulla scrivania di fronte a sé e facendo per porgerlo a Loki insieme a una penna. Odin fu più veloce.

“Qua nessuno firma niente, men che meno  quello là ” disse, strappando dalle mani di Brooks il documento e puntando un dito accusatorio verso Loki.

“Papà, credimi, sono stupito quanto te, ma forse questo non è né il momento né il luogo per discutere, possiamo far esaminare la questione dai civilisti in ufficio nei prossimi giorni, con calma, così il signor Brooks e il signor Rivera possono sperare di tornare a casa per cena.”  e non dover rimanere qui ad ascoltare l’ennesima scenata della nostra famiglia disfunzionale,  questo era il concetto sottinteso nelle parole di Thor.

“Tuo figlio non ha tutti i torti Borson, direi di chiedere al signor Brooks se ci può concedere qualche giorno e una copia di tutti i documenti, possiamo discuterne lunedì con Walker e Carter, non c’è nessuno più qualificato di loro per risolvere un problema del genere” aggiunse Rivera avendo probabilmente compreso le intenzioni di Thor. Odin non parve coglierle invece, perché decise di ignorare entrambi.

 

“Non c’è nessuna questione da esaminare, nessun problema da risolvere visto che il ragazzo non firmerà, non finché io sono in vita. Mi hai sentito, ragazzino? Non riuscirai a entrare in possesso nemmeno di un maledetto fazzoletto usato appartenuto a Frigga, fosse l’ultima cosa che faccio e di sicuro non permetterò mai che un avanzo di galera tossico e schizzato sia comproprietario della mia società.” disse l’uomo alzandosi dalla sedia, con la mano destra stretta in un pugno chiuso al suo fianco e la sinistra con il dito indice puntato in direzione del soggetto del suo discorso.

 

Ha ragione, pensò Loki, sei solo un tossico schizzato, non meriti nulla, non hai valore per nessuno, dovevi rimanere a marcire in cella, inutile ragazzino, sei solamente un peso…

 

No, non era la familiare voce del suo io interiore che sentiva in quel momento, era il maledetto ronzio nelle orecchie che ora era mutato in una voce chiaramente udibile, da lui soltanto, si intende. Strizzò gli occhi e scosse la testa per un momento, tentando di ignorarla, poi si alzò anche lui per rivolgersi a Odin.

“Stai dando per scontato che io  voglia  firmare, che desideri effettivamente le responsabilità che mamma ha gentilmente deciso di regalarmi senza alcun preavviso, nel peggior momento possibile della mia vita-”

 

...Non è quello che desideri, davvero? Ma dai, chi vuoi prendere in giro...

 

“-Pensi che non mi renda conto di essere un ex detenuto in libertà vigilata, un tossicodipendente in riabilitazione, un paziente psichiatrico in terapia?-”

 

...Criminale, tossico, schizzato…

 

“-N-Non” Loki sospirò frustrato abbassando lo sguardo, una mano sul fianco e l’altra fra i capelli a massaggiarsi la nuca nel tentativo di abbassare per lo meno il volume di quella molesta voce estranea che gli stava impedendo di concentrarsi sulle sue di parole “Non ho alcuna aspirazione a possedere il tuo studio legale, nemmeno per metà, non più oramai. Ho smesso da tempo di cercare di ottenere da te una qualsiasi forma di riconoscimento o approvazione-”

 

Perchè? Bugia, è una bugia, quanto sei patetico…

 

“-Forse mamma aveva un motivo, uno scopo che non riesco davvero a immaginare per questa decisione, quello che so per certo è che nulla di tutto ciò è frutto di un mio disegno, non ho fatto niente perché non voglio niente.”

 

Non hai fatto niente?” ringhiò Odin, la rabbia oramai sostituita da un profondo disprezzo “Che vuoi dire, che Frigga non è dovuta correre in ospedale, nel cuore della notte, perché avevi deciso che fosse una buona idea spararti in vena chissà quale merda in uno stato mentale già decisamente alterato?-”

 

...ti odia, tutti ti odiano, non vedi come ti guardano? Ti stanno fissando tutti, sei ridicolo…

 

“-che non sei stato tu a insistere di essere in grado di guidare, per poi superare un incrocio a venti miglia orarie sopra il limite e non dare la precedenza al maledetto SUV nero? Mia moglie è stata costretta dalla paralisi a vivere le sue giornate tra un letto e la sedia a rotelle prima che la terza polmonite che l’ha colpita in un anno se l’è finalmente portata via definitivamente; e tu sei tranquillamente sceso dall’auto sulle tue gambe, niente più di un torcicollo, un paio di punti sulla fronte e un polso rotto. Perciò, se ci pensi, non è morta a causa di un infezione ai polmoni. Sei stato tu a ucciderla. Tu me l’hai portata via. E come se non bastasse a quanto pare hai anche avuto il coraggio di convincerla a lasciarti in eredità tutti i suoi averi. Il tuo egoismo è abominevole. Mi disgusti, non riesco nemmeno più a guardarti-”

 

assassino. L’hai uccisa, lo sa anche lui, adesso lo sanno tutti. Hai ucciso tua madre. Matricida. Sei disgustoso, un abominio, ha ragione. Vattene, non ti vuole nemmeno guardare, va via, adesso, presto, SCAPPA!

 

“STA ZITTO!” Strillò Loki con voce strozzata serrando gli occhi, le mani tremanti premute sulle orecchie, non sapendo nemmeno lui se rivolto a Odin o alla voce nella sua testa. Sentiva il cuore battere contro lo sterno, troppo veloce e irregolare, il respiro affannoso, come se avesse appena finito di correre a perdifiato e in fondo alla gola, che gli sembrava sempre più stretta, un orribile retrogusto ferroso.

Quando riaprì gli occhi riuscì a mettere a fuoco solamente la schiena di Thor di fronte a lui, stava parlando con Odin che gli sembrava stesse urlando qualcosa, rosso in volto e con il dito indice puntato al centro del petto di suo fratello, ma non riusciva a sentire le loro parole, non riusciva a sentire più nulla a parte le parole al vetriolo di quella androgina voce crudele che sapeva di riuscire ad udire solo lui e il battito del suo cuore.  Thump, thump, thump.

 

Si rese conto di essere uscito dalla stanza solamente quando si trovò di fronte alla rampa di scale verso il piano superiore e salendo di corsa gli scalini a due a due si diresse d’istinto verso la sua vecchia camera, entrando e chiudendosi freneticamente la porta alle spalle. Appoggiando la schiena al muro si lasciò scivolare sul pavimento, mentre con le dita di una mano si massaggiava il centro del petto nel tentativo di rallentare i battiti del cuore. Tirò fuori dalle tasche della felpa il suo smartphone e un paio di cuffiette che si affrettò a collegare al dispositivo e a infilare nelle orecchie, ignorando per quanto possibile le dita tremanti, e scelse una delle playlist più rumorose che possedeva. Avvicinò le ginocchia al petto, ci poggiò la fronte e strinse le braccia intorno alle gambe, tentando di concentrarsi il più possibile sulla musica e le sue di parole, tentando di ignorare le altre dolorose parole provenienti dagli oscuri recessi della sua mente malata.

Aveva l’impressione che il suo cuore avesse rallentato un po' quando sentì all’improvviso qualcosa toccargli la spalla e alzò la testa con un sobbalzo e gli occhi sgranati.

 

“Ehi, Loki, scusami, non volevo spaventarti, ho provato a bussare ma non mi hai risposto…” Thor aveva immediatamente tolto la mano dalla spalla del fratello dopo la sua reazione e si era accucciato di fronte a lui con entrambe le mani aperte di fronte a se e i palmi rivolti verso il pavimento, come se stesse cercando di tranquillizzare un animaletto spaventato.

“… volevo sapere se hai bisogno di qualcosa? Se posso aiutarti in qualche modo, non so, posso portarti le tue medicine? Acqua? O forse… forse hai solo bisogno di restare qui un momento, vuoi che ti lasci solo… ?”

Più continuava il suo discorso più Thor pensò di essere totalmente inutile in quella situazione, Loki aveva ancora il respiro un po' affannato e il suo sguardo dopo lo spavento iniziale era tornato a essere velato, come se avesse perso la sua attenzione. Stava valutando se fosse meglio alzarsi e lasciarlo solo o restare accanto a lui in silenzio per controllare che non facesse nulla di stupido quando lo vide deglutire a vuoto un paio di volte e poi sussurrare con voce tremante:

“Medicine… tasca interna della giacca…”

Thor non se lo fece ripetere due volte e un momento dopo era già fuori dalla stanza. Loki si rimise le cuffiette con l’intenzione di focalizzare il più possibile la sua attenzione di nuovo sulla musica ma non era nemmeno a metà della canzone in riproduzione quando Thor ricomparve davanti a lui, gli si sedette di fronte a gambe incrociate e dopo aver estratto una pillola dalla confezione che teneva in mano gliela porse insieme a una bottiglietta d’acqua. Loki prese entrambe e con mani tremanti si posò la pillola sulla lingua, ingoiandola insieme a qualche sorso d’acqua che riuscì a buttare giù fra un respiro frenetico e l’altro.

 

“Bene. Senti, perché non provi a imitare me? Dammi la mano” disse Thor prendendo delicatamente il polso del fratello. Guidò le sue dita sul suo petto e poi lasciò la presa posando entrambe le mani sulle ginocchia e raddrizzando la schiena.

 

“Prova a seguire il mio respiro, inspiriamo contando fino a cinque e poi espiriamo sempre contando fino a cinque, pronto?” Thor sperò che il suo istinto avesse ragione e che la sua tecnica improvvisata potesse davvero funzionare perché i due enormi occhi verdi che lo guardavano spaventati somigliavano a quelli di un cervo abbagliato dai fari di un camion e Loki era improvvisamente tornato ad essere il suo fratellino piccolo terrorizzato dai tuoni durante i temporali notturni.

 

“Thor… è una cosa ridicola... il tuo cuore sta battendo... più veloce del mio…” protestò Loki fra un respiro irregolare e l’altro.

“Mi sono fatto tre rampe di scale di corsa per due volte che pretendi? Tu non ci fare caso al cuore, sta zitto e senti il respiro”

 

Thor poteva scommettere che se Loki si fosse trovato in uno stato mentale più stabile l’occhiata che gli aveva lanciato sarebbe risultata decisamente più intimidatoria. Comunque per fortuna decise di assecondarlo, abbassò le gambe incrociandole di fronte a sé rispecchiando la posizione di Thor e lo guardò con un espressione concentrata sul volto. Ci volle qualche minuto, Thor non distolse lo sguardo dagli occhi del fratello nemmeno per un istante e finalmente quando lo vide rilassare le spalle, inspirare profondamente dal naso e chiudere lentamente gli occhi capì che il peggio era passato. Ma Loki non si affrettò a interrompere il contatto fra loro, come si era aspettato che avrebbe fatto appena riacquistato un minimo di controllo, invece si sporse in avanti a poggiare la fronte sul dorso della sua mano ancora poggiata sul petto del fratello.

Una volta superata la sorpresa iniziale, Thor alzò lentamente la mano destra sfiorando i lunghi capelli neri del suo fratellino con le dita, posando poi la mano sulla sua nuca e stringendo leggermente in un gesto di affetto che aveva ripetuto un milione di volte in passato e che non pensava avrebbe avuto di nuovo occasione di ripetere da un paio di anni a questa parte.

Loki rispose al gesto con un ultimo sospiro, abbandonando qualsiasi tensione rimasta nei muscoli del collo e delle spalle. Poteva preoccuparsi più tardi della vergogna e l’irritazione che avrebbe provato in seguito per essersi lasciato vincere dal bisogno di conforto offerto da Thor.

Che fragile, insicuro, debole ragazzino. No, ci avrebbe pensato più tardi.

Thor allontanò la mano non appena sentì Loki muoversi, lo guardò raddrizzarsi e poggiare di nuovo la schiena al muro, tirando su con il naso.

 

“Meglio?” chiese con un lieve sorriso, più per interrompere il silenzio, senza aspettarsi veramente una risposta. Loki annuì senza guardarlo negli occhi, spostando invece lo sguardo intorno alla stanza con le sopracciglia leggermente aggrottate.

La sua stanza non era più la sua stanza. Non che si fosse aspettato nulla di diverso. Gli unici mobili rimasti erano il suo vecchio letto, senza cuscino e con il materasso coperto da un involucro di plastica trasparente e la scomodissima poltrona di stoffa bianca vicino la finestra sulla quale aveva passato intere giornate a leggere qualsiasi romanzo, saggio, manuale, opera letteraria, giornale o rivista che gli era capitato fra le mani. Perfino da lì, seduto per terra nella penombra del lato opposto della stanza riusciva a vedere l’imbottitura rovinata del bracciolo destro, dove inevitabilmente finiva per accavallare le gambe nella speranza di trovare una posizione comoda. Il pensiero gli fece sorgere un odioso senso di nostalgia e fu estremamente grato a Thor quando decise di interrompere il silenzio.

 

“Forse è il caso che torni di sotto… ma tu prenditi tutto il tempo che ti serve, sembri esausto. Perché non ti stendi un momento?” disse alzandosi e allungando una mano aperta verso Loki. Lui accettò l’offerta, alzandosi anche lui. L’ultima cosa che voleva dopo la sua teatrale uscita di scena era che Thor tornasse di sotto a informare Odin che Loki aveva deciso di farsi un pisolino sul letto della sua vecchia cameretta dopo la sua imbarazzante manifestazione di un esaurimento nervoso. Ma il bisogno di qualche momento di riposo e di solitudine erano evidentemente più forti del suo orgoglio in questo caso perché annuì e si sedette sul materasso protetto dal sottile strato di plastica. Debole.

 

“Thor” disse Loki guardando il fratello mentre apriva la porta della stanza per uscire. Lui restituì lo sguardo voltando la testa con la mano ancora sulla maniglia della porta e un espressione interrogativa sul viso.

Grazie. Avanti, non è difficile. È solo una parolati chiamavano Lingua d’Argento a Yale per l’amor del cielo.

 

“Qualche anno fa nella medesima situazione avremmo avuto tutti il piacere di sentire solamente le petulanti note soavi delle tue arroganti argomentazioni contro me, Odin, il signor Brooks, chiunque avesse aperto bocca in realtà. Sono colpito. La considerevole perdita della lunghezza dei tuoi capelli è evidentemente direttamente proporzionale al guadagno di neuroni nel tuo caso, taglia ancora un paio di centimetri e il tuo acume potrebbe raggiungere il livello accettabile della media nazionale.” Lingua d’Argento, già. Forse Lingua Biforcuta sarebbe stato più appropriato.

 

Ma Thor non sembrò offeso, si lasciò sfuggire un verso divertito abbassando la testa e passandosi una mano fra i corti capelli biondi, guardando poi il fratello con un sorriso affettuoso sembrò che volesse aggiungere qualcosa, dopo un momento però scosse semplicemente la testa ridacchiando e uscendo dalla stanza si chiuse la porta alle spalle. Loki abbassò lo sguardo guardandosi le mani intrecciate in grembo con un sorrisetto divertito e un espressione nostalgica sul volto, poi si stese sul materasso e sospirando si coprì gli occhi con il braccio destro, sperando di riuscire a spegnere il cervello almeno per qualche minuto.

 

 

— ♦ —

 

 

“Assolutamente no, papà. Signor Brooks dia pure a me la lettera e i documenti che necessitano della firma di Loki, ci penso io a farglieli avere non appena mio fratello si sentirà meglio, così lei e il signor Rivera sarete liberi di tornare a casa.” disse Thor allungando una mano con il palmo aperto in direzione dei documenti in mano al notaio.

“Thor, ragiona. In quella lettera tua madre potrebbe aver scritto informazioni fondamentali per capire il motivo della modifica del testamento, potrebbe essere la prova di cui abbiamo bisogno”

Prova?  La prova di cosa esattamente, papà? Non crederai seriamente che Loki possa aver in qualche modo indotto mamma a fare qualcosa contro la sua volontà. Penso tu sappia meglio di me che mamma non ha mai fatto o detto  nulla  che non volesse fare o dire. Mai una volta nella sua vita. In più sai meglio di me che anche solamente aprire quella lettera costituirebbe un reato, men che meno leggerla, visto che è chiaramente indirizzata a Loki come riportato in una grafia perfettamente ordinata e leggibile sul retro della busta. Non appena si sentirà meglio la consegnerò a Loki, perché spetta a lui e a lui soltanto decidere se e cosa condividere del contenuto della lettera con ognuno di noi.”

“Oh figliolo” disse Odin con un sospiro sconfitto, “Ti lascio da solo con lui per qualche minuto e ti fai abbindolare per l’ennesima volta. Speravo davvero che oramai avessi compreso che non si può riporre la propria fiducia su un individuo che approfitta dell’affetto che le persone che lo circondano ripongono in lui per manipolare la situazione a proprio vantaggio e pugnalarle alle spalle.”

“Mmhh. Già. In realtà penso proprio che sto cominciando a comprendere questo concetto fin troppo bene” Rispose Thor distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia al petto. Odin rimase in silenzio con un espressione dura sul volto.

“Ehm, signor Borson forse suo figlio ha ragione. Riguardo al consegnare tutti i documenti al signor Odinson in un secondo momento voglio dire, in effetti si è fatto tardi e non vorrei far aspettare troppo la mia signora per cena.” disse Brooks con una risatina in parte imbarazzata e in parte nervosa.

“Molto bene. Rivera, è libero di andare se vuole, immagino che non ci sia motivo perché rimanga anche lei. Prego, seguitemi, vi accompagno alla porta.” Rispose Odin, incamminandosi lungo il corridoio. Arrivati alla porta d’ingresso i tre si scambiarono degli ultimi saluti formali mentre Agnes porgeva loro i soprabiti e Odin li osservò dalla finestra incamminarsi verso le rispettive vetture con passi cauti sullo strato di ghiaccio e neve che oramai aveva imbiancato il vialetto.

 

Deciso a chiudere la storia una volta per tutte si incamminò verso la scalinata che conduceva al piano superiore, ma arrivato a metà fu fermato dalla voce di suo figlio.

“Papà, dove stai an-” ma anche Thor fu interrotto dal campanello del portone principale. I due si studiarono per un momento prima che Thor, sospirando, si girò ad aprire la porta d’ingresso. “E lei chi è?” aveva pensato di aprire di nuovo la porta a Rivera o Brooks, tornati indietro per aver dimenticato qualcosa, invece si era trovato a porre la domanda con espressione confusa all’uomo sconosciuto che si era ritrovato di fronte.

“Buonasera signore, sono l’agente Coulson dell’ EHPD” rispose l’uomo tirando fuori dalla tasca interna della giacca un distintivo e tenendolo in alto con la mano destra vicino alla sua testa per mostrarlo a Thor.

 

“Sto cercando il signor Loki Odinson, per caso si trova qui?”

Notes:

Zan zaaaan!! Cliffhanger ;) ci tengo a fare un disclaimer importantissimo: per fortuna non sono affetta da nessun disturbo psicologico, non ho alcuna esperienza diretta di psicoterapia nè tantomeno ho una qualsiasi qualifica come psichiatra, psicologa o psicoterapeuta. Detto ciò ho tentanto di documentarmi il più possibile per rappresentare i sintomi di Loki e le sue reazioni in un modo più realistico possibile, cosciente ovviamente del fatto che quando si tratta di disturbi mentali i sintomi e la terapia sono estremamente soggettivi. Anche per questo motivo non ho voluto specificare di che tipo di disturbo mentale si tratti.

Questi sono alcuni dei link che ho usato come fonti per documentarmi, se siete interessati:

https://www.youtube.com/channel/UCENqBB_xNax3mLX_WGLf2Lg
https://www.youtube.com/channel/UCKYj7J9idpqC0YMP5EgqF9A
https://www.my-personaltrainer.it/salute-benessere/psicosi.html#:~:text=La%20psicosi%20%C3%A8%20un%20serio,ogni%20contatto%20con%20la%20realt%C3%A0
https://www.schizofrenia24x7.it/disturbi-psicotici

Ultima piccola nota: la sigla "EHPD" sta per "East Hartford Police Department" se qualcuno per caso è rimasto confuso ;)

Al prossimo capitolo!
GipsyK

Chapter 3: Capitolo 3

Notes:

(See the end of the chapter for notes.)

Chapter Text

Capitolo 3

 

 

"Hmmpf… deja vu" disse semplicemente Odin, scendendo di nuovo le scale per accogliere il visitatore. Un lampo di comprensione attraversò il viso di Thor.

"Oh, certo, prego entri pure. Si, mio fratello si trova qui al momento, lei deve essere l'agente di sorveglianza di Loki?" Disse Thor facendosi da parte per far entrare in casa Coulson.

"Esattamente. Sono sollevato, é qualche giorno che cerco di contattare il signor Odinson senza successo. Potrei parlare con lui? Oh, grazie" Rispose Coulson togliendosi la giacca e porgendola alla domestica comparsa alla sua sinistra che la prese con un sorriso gentile.

"In questo momento temo che mio fratello stia riposando, purtroppo uhm… non si sente molto bene."

"Capisco… mi dispiace ma è davvero necessario che io parli con lui." Rispose Coulson con un mezzo sorriso di scuse.

"Ma certo. Thor, va di sopra a chiamare il ragazzo, prego agente mi segua nel salotto. Posso offrirle qualcosa nell'attesa? Agnes preparaci un té per favore." Disse Odin alla donna che ancora teneva il cappotto in mano mentre si avviò facendo strada a Coulson. Agnes annuì dirigendosi verso la cucina.

Thor si lasciò alle spalle le voci di suo padre e dell'agente Coulson e salì la scalinata verso il piano superiore. Arrivato di fronte alla porta della stanza di suo fratello bussò leggermente, girò la maniglia e fece capolino con la testa. La scena che gli si presentò davanti era un immagine estremamente familiare alla quale aveva assistito innumerevoli volte. Loki aveva aperto uno degli scatoloni abbandonati in fondo alla stanza, diversi volumi giacevano sparsi sul pavimento e suo fratello si trovava appollaiato sulla poltrona bianca vicino la finestra con un libro in mano. L' unico segnale del fatto che si fosse reso conto della presenza di Thor fu una veloce occhiata nella sua direzione, per tornare poi subito a concentrarsi sulla sua lettura. Anche a questo gesto aveva assistito più volte di quante ne riuscisse a contare e il pensiero gli fece sorgere un sorriso sulle labbra.

"Cosa stai leggendo?" Chiese entrando nella stanza e avvicinandosi lentamente.

“Ciò che il padre ha taciuto, prende parola nel figlio; e spesso ho trovato che il figlio altro non era, se non il segreto denudato del padre.” lesse Loki con tono assorto.

"Hmm. Appropriato." Rispose Thor aggrottando la fronte e incrociando le braccia al petto. "Solo tu riesci a leggere Nietzsche per diletto" aggiunse poi sorridendo e scuotendo la testa. Loki alzò gli angoli della bocca in un espressione divertita, poi chiuse il libro, spostò le gambe dal bracciolo posando di nuovo i piedi a terra e assunse una posizione più normale per qualcuno che si trova seduto su una poltrona. Poi guardò Thor con le sopracciglia alzate in una muta richiesta di spiegazioni circa la sua presenza nella stanza.

"L'agente Coulson é qui. Ti stava cercando, dice che sono giorni che non riesce a contattarti. Ti vuole parlare." Disse Thor.

Loki assunse un'espressione di sorpresa mista a preoccupazione, come di qualcuno che improvvisamente ricorda qualcosa di importante. "Merda" disse poi semplicemente portando il palmo della mano sulla fronte.

“È venuto da solo?” chiese Loki alzandosi dalla poltrona e uscendo dalla stanza con passi veloci.

“Si. Penso che in questo momento stia in salotto a prendere il tè con papà” rispose Thor seguendolo fuori dalla stanza e giù per le scale dirette al piano terra. Loki si bloccò con il piede a mezz’aria pronto a scendere l’ultimo gradino e si girò guardando il fratello con un sopracciglio alzato. Thor fece spallucce.

“Signor Odinson, eccola qui.” disse Coulson alzandosi dal divano quando vide Loki e Thor entrare nella stanza. “vedo che si sente meglio, sono contento. Immagino che non ci sia bisogno che le dica perché io sia qui, non si è presentato al suo appuntamento al distretto due giorni fa, quando sono andato al suo appartamento non era in casa e il suo datore di lavoro al Follet’s Bookstore dice che ha richiesto due giorni di ferie. In più ha evidentemente lasciato la città visto che si trova qui a Simsbury, lo sa bene che deve informarmi prima di poter fare una qualsiasi delle cose sopracitate. Il signor Borson mi ha spiegato che si trova qui per la lettura del testamento di sua madre, avrebbe potuto facilmente ottenere un permesso vista la situazione, perché non ne ha fatto richiesta? Adesso mi trovo costretto a fare rapporto… così rischia la sua libertà vigilata, lo sa questo?” Disse Coulson con un tono sconfitto e una lieve nota di rimprovero, come se stesse spiegando a un bambino particolarmente capriccioso dove avesse sbagliato. Loki distolse lo sguardo serrando le labbra in un unica linea con un espressione lievemente irritata e colpevole.

“Già, suppongo di si.” rispose semplicemente incrociando le braccia.

“Mi ricordi, agente, come mai il ragazzo si trova in libertà vigilata e non in carcere?” disse Odin con un tono ironicamente curioso. Coulson aggrottò la fronte.

“Uhm, è stato rilasciato per buona condotta, signore”

“Ah, buona condotta” ridacchiò Odin “incredibile”. Coulson alzò le sopracciglia.

“Papà” sibilò Thor in avvertimento, ma non ebbe modo di elaborare perché Coulson si schiarì la voce e tornò a rivolgersi a Loki.

“Ci sarebbe un altro problema più urgente, stamattina il tuo sponsor mi ha informato che hai saltato anche l’incontro di ieri sera. Già questo basterebbe per la revoca della libertà vigilata visto che è condizionata alla sua frequentazione del gruppo di sostegno, ma se mi da la sua autorizzazione per un test delle urine e questo dovesse risultare negativo può stare tranquillo almeno da questo punto di vista.” Coulson porse a Loki un modulo di autorizzazione da firmare e una penna.

Loki sospirò. “Certo” rispose, prendendo il foglio e appoggiandolo sul tavolino da caffè di fronte al divano per firmarlo.

“Oh, non so quanto questo possa effettivamente essere d’aiuto agente, purtroppo mi sono completamente dimenticato di chiudere a chiave l’armadietto delle medicine in bagno” disse Odin con tono ironico mentre sorseggiava il suo tè.

Thor lo guardò incredulo. “Oh mio dio, papà!” borbottò in protesta.

“Thor, lascia stare. Prego agente.” disse Loki sperando che suo fratello non avesse scelto proprio quel momento per cominciare uno dei suoi scontri verbali con Odin. Porse il documento firmato a Coulson.

“Bene, uhm, vogliamo occuparci subito della questione?” disse Coulson prendendo il documento e facendo un cenno del capo verso una busta di plastica trasparente con un contenitore sterile all’interno che aveva tirato fuori dalla tasca della giacca. Loki annuì uscendo dalla stanza incamminandosi lungo il corridoio in direzione del bagno, seguito da Coulson. Una volta arrivato di fronte alla porta giusta si fermò voltandosi e allungò una mano con il palmo aperto verso l’agente.

“Diavolo Loki, si può sapere che ti è saltato in mente?” disse Coulson poggiando il contenitore sterile sulla mano aperta di fronte a lui “senti, ti capisco, la situazione del testamento e tutto il resto, non dev’essere facile. Però ragazzo, dammi retta, non sai quanti ne ho visti che con un passo falso del genere, a prescindere dalle motivazioni, si sono rovinati l’occasione di ricostruirsi una vita. Ma la metà di loro non aveva davvero gli strumenti per fare di meglio suppongo, tu, d’altro canto, sei fin troppo furbo e intelligente per finire di nuovo dentro, giusto?” Coulson si appoggiò allo stipite della porta del bagno mentre guardava Loki aprire la confezione sterile dopo essersi lavato accuratamente le mani.

“Ah, vede agente, sono sempre stato fin troppo intelligente praticamente per tutto, tranne per ciò che riguarda direttamente la mia persona.” rispose Loki. Poi si voltò a guardare l’agente con un sopracciglio alzato. “Uhm… le dispiace?” disse indicando in direzione del corridoio alle spalle di Coulson.

“Oh, ehm, in realtà si. Mi dispiace ma devo assicurarmi che tu non la ehm… sostituisca con qualcos’altro, è la procedura.” Coulson fece spallucce e si grattò la nuca con la mano sinistra. Loki sospirò irritato e si diresse verso il gabinetto. Per fortuna Coulson decise di non peggiorare la situazione tentando di intavolare una conversazione.

Dopo aver chiuso di nuovo il contenitore nella bustina di plastica e aver lavato le mani Loki fece per porgere di nuovo la busta a Coulson ma si bloccò a metà del gesto con un espressione pensierosa sul volto.

“Circa un paio d’ore fa ho preso uno dei miei farmaci antipsicotici. Penso che il principio attivo sia la clorpromazina, crede che potrebbe essere una di quelle sostanze che interferiscono in questi test dando falsi positivi?” disse poi con una punta di nervosismo nella voce.

“Oh, fantastico! Che diavolo ne so, ti sembro un chimico per caso?! Certo non sarebbe la prima volta che sento una storia del genere” Coulson si strofinò gli occhi con la mano destra, frustrato “Beh, oramai c’è poco da fare no? Forza, dammi qua” continuò prendendo la busta con il contenitore dalle mani di Loki.

Camminarono in silenzio percorrendo il tragitto di ritorno, ognuno immerso nei propri pensieri. Loki rifletté vagamente sul fatto che a questo punto la sua intera esistenza poteva essere riassunta dall’enunciato della legge di Murphy mentre attraversava l’ingresso del salotto. Trattenne a stento una risata al pensiero.

A quanto pare il loro ritorno aveva interrotto un accesa discussione fra Odin e Thor perché entrambi smisero di parlare nel momento in cui i due comparvero di nuovo nella stanza e si girarono nella loro direzione con espressioni irritate. Poi Thor si alzò dal divano e si avvicinò a Loki con un foglio in mano.

“Thor, no” abbaiò Odin, ma Thor lo ignorò completamente.

“Loki, tieni. Hai sicuramente il diritto di avere almeno questa.” disse, porgendogli il foglio che teneva in mano. Ma non era un semplice foglio di carta, era una busta da lettere con la firma di Frigga accuratamente sigillata, con le parole per Loki scritte in bella grafia sul retro. Loki la prese deglutendo, esitante, come se all’improvviso dovesse prendere fuoco da sola per autocombustione. Odin sbuffò un verso di disapprovazione dando le spalle alla scena e voltandosi a contemplare il paesaggio nevoso dalla vetrata.

Loki si schiarì la voce e si girò verso Coulson: “Agente, ha bisogno di altro da parte mia?”

“Uhm, no penso di aver finito qui. Domani pomeriggio dovrà venire al distretto per i risultati del test tossicologico, una volta che avremo quelli vedremo come procedere, fino ad allora immagino che sia tutto, posso anche andare.” rispose Coulson.

“Già, ben detto, penso che sia tutto anche per me. Odin, non preoccuparti, i tuoi preziosi documenti del testamento te li lascio molto volentieri. Thor, Jane, arrivederci, non è stato per niente un piacere” disse Loki mettendosi in tasca la lettera e marciando fuori dalla stanza, seguito da Coulson che dopo aver offerto dei saluti più formali ma sicuramente più sinceri lo raggiunse di fronte la porta d’ingresso principale. Anche Thor si affrettò a raggiungere il fratello.

“Loki, aspetta, per favore parliamone un secon-”

“Non c’è più nulla di cui parlare Thor” lo interruppe Loki aprendo il portone, che però fu costretto a richiudere immediatamente e con fatica nonostante l’aiuto di Coulson per evitare l’ingresso del potente vento gelido misto a neve che li aveva investiti improvvisamente.

“Wow, si è decisamente alzata una seria bufera di neve, non scherza qui il meteo. Non credo che riusciremo a tornare alle nostre auto tanto presto” disse Coulson guardando fuori dalla finestra accanto alla porta il paesaggio completamente bianco e i fiocchi di neve che vorticavano impazziti nel cielo.

Dannata legge di Murphy.

 


 

— ♦ —

 

 

Jane camminò in direzione delle scale verso il piano superiore tamponando la macchia di sugo sulla camicetta con un tovagliolo umido. Dopo aver salito un paio di gradini però fu costretta a fermarsi, realizzando all’improvviso che c’era una figura seduta a metà della scalinata che bloccava il passaggio.

“Oh… scusami, non ti avevo visto” disse Jane, imbarazzata. Loki non sembrò riconoscere la presenza della donna se non spostandosi leggermente verso l’estremità del gradino per permetterle di salire le scale, poi tornò a poggiare i gomiti sulle ginocchia e a osservare con aria pensierosa la lettera ancora chiusa che teneva in mano, accarezzando con il pollice la grafia della madre.

“Cancro al seno” mormorò Jane improvvisamente.

Loki alzò lo sguardo, confuso. “Scusami?”

“Mia madre. È morta anni fa, quando ero piccola. Cancro al seno” spiegò Jane, mentre saliva gli ultimi due gradini che la separavano da Loki, sedendosi poi accanto a lui, interpretando probabilmente lo sguardo di comprensione che aveva attraversato l’uomo come un invito a continuare.

“Era una donna incredibile e una madre ancora più incredibile. Veneravo la terra su cui posava i piedi naturalmente, era mia madre e io ero una bambina insicura. Lavorava alla Culver University, nel dipartimento di fisica, dove poi ho studiato anch’io, ed era talmente sicura della parola di una ragazzina di dodici anni che le diceva che anche lei da grande avrebbe spiegato i misteri dell’universo che quando è morta ha lasciato tutte le sue ricerche a me. L’ho amata per questo. L’ho odiata ancora di più per lo stesso motivo. Insomma non è giusto, come si fa a valutare una qualsiasi alternativa di percorso accademico quando la persona che ti ha amato di più al mondo ti lancia un segnale del genere? Non fraintendermi, amo il mio lavoro e ciò che lei mi ha lasciato mi ha permesso di ottenere la borsa di studio da ricercatore a ventiquattro anni, non posso davvero lamentarmi, è tutto ciò che ho sempre desiderato dopotutto. Però non posso evitare di provare una fitta di rabbia nei suoi confronti ogni volta che ci penso, perché insomma, è una sensazione orribile quella di deludere qualcuno che ami, ma deludere qualcuno che hai amato e che non c’è più? Dio, cosa c’è di peggio?” concluse Jane con una mezza risata ironica e un sorriso triste.

Loki imprecò sottovoce, lasciando andare un sospiro che non si era reso conto di trattenere. Si strofinò una mano sul volto poggiando poi il mento sul palmo e tornò a guardare la lettera.

“Non riesco nemmeno ad aprirla. Vuoi sapere cosa c’è di peggio? Le ultime parole che mi ha sentito dire sono state ‘tu non sei mia madre’ ” mormorò deglutendo a vuoto e stringendo le labbra in un unica linea serrata.

“Non importa ciò che troverai scritto all’interno di quella lettera. Potrebbe esserci una spiegazione sul motivo del suo lascito o potrebbe non esserci, comunque non importa, perché non ne hai bisogno. Per decidere come continuare a vivere la tua vita, non ne hai bisogno” disse Jane portando le ginocchia al petto e circondandole con le braccia per evitare di mettere una mano sulla spalla di Loki in un gesto di conforto che sospettava non sarebbe stato gradito “ Tu hai influito su di me come dovevi influire; soltanto devi smettere di considerare come una particolare malvagità da parte mia il fatto che sotto questo influsso io abbia finito per soccombere’ ” aggiunse poi, voltandosi a guardarlo.

Lui restituì lo sguardo con le sopracciglia aggrottate, studiando il volto della donna come se si trattasse di un rompicapo particolarmente complicato.

“Kafka. Sei decisamente troppo perspicace, che ci fai con quell’idiota di mio fratello?”

Jane si lasciò andare a una risata sollevata. “Non sono sempre così sveglia come lascio credere, in più Thor negli ultimi tempi sta imparando a lasciarsi alle spalle il suo alter ego idiota e arrogante” rispose con un sorriso.

“Già, così sembrerebbe. Sto cominciando a capire di chi sia il merito, almeno in parte” disse Loki restituendole un mezzo sorriso e strizzando un occhio.

“Non c’è bisogno, sai” continuò poi, guardandola divertito. All’espressione confusa di lei in una muta richiesta di spiegazioni indicò con un gesto del capo la macchia rossa sulla sua camicetta. “Agnes è perfettamente in grado di gestire la cena in autonomia, è il suo lavoro dopotutto”

“Oh!” esclamò Jane, improvvisamente memore del motivo per il quale si era imbattuta in Loki all’inizio “Mi fa piacere in realtà, la verità è che non sono abituata a questa storia della donna di servizio, così mi sento più a mio agio”

“Ti suggerisco di farlo assolutamente presente durante la cena, possibilmente collegandolo alla tua opinione sul tema del proletariato, muoio dalla voglia di assistere alla reazione di Odin”

Jane rise di nuovo. “A proposito, la cena è quasi pronta, si sono già tutti spostati in sala da pranzo se vuoi raggiungerli. Io devo decisamente cambiarmi prima” disse alzandosi e salendo le scale si diresse verso la camera che avrebbe condiviso con Thor per la notte. Loki si prese un momento per studiare nuovamente la lettera che teneva ancora fra le mani, poi se la mise in tasca e si alzò anche lui.

 

 

— ♦ —

 

 

“Signor Borson la ringrazio ancora per la cena, è tutto buonissimo. Come procede il processo Watson? Ho letto sul Times che l’accusa vi ha messo un po' in difficoltà tirando fuori un testimone che non era stato inserito in lista precedentemente all’udienza” disse Coulson, indubbiamente nel tentativo di rompere il silenzio interrotto solo dal rumore di posate e bicchieri e intavolare una conversazione cortese.

“Ho perso il conto delle volte che ho ripetuto questa frase nel corso della settimana passata, agente: non abbia troppa fiducia in ciò che riportano i giornali. Il mio studio è decisamente preparato nella gestione di testimoni inaspettati-” il discorso evidentemente ben preparato e collaudato di Odin fu interrotto da una sorta di grugnito trattenuto a stento da Loki, impegnato a masticare con la bocca coperta dalla mano che teneva la forchetta e gli occhi fissi sul piatto di fronte a lui.

“-dopotutto nella pratica legale non si tratta di una novità particolare, come i giornalisti in cerca di un taglio sensazionalistico per i propri articoli vogliono far credere, non è la prima volta che succede e non sarà nemmeno l’ultima sicuramente” Odin non aveva ancora finito di pronunciare l’ultima parola che il grugnito di Loki si era trasformato in un’autentica risata.

“Scu-scusatemi” disse Loki fra un tentativo di soffocare la risata e l’altro. Odin lo osservava da sopra il bicchiere che aveva portato alle labbra con crescente irritazione. “Riflettevo solo sull’ironia di una frase simile dal momento che io sono la testimonianza vivente dell’abilità dello studio legale nella gestione di testimoni inaspettati” continuò Loki con un ghigno divertito.

“Che significa?” domandò Thor con le sopracciglia aggrottate guardando il fratello.

“Papino non ti ha raccontato l’avvincente storia della mia adozione? Thor, devi sentirla, sembra uscita dalla penna di Thomas Harris” rispose Loki, con tono ironico e un improvviso guizzo di entusiasmo negli occhi. Ma un lampo di comprensione aveva attraversato invece il volto di Thor e ora era intento a studiarsi le mani con un aria imbarazzata.

“Ragazzo, non mi dirai che sei ancora convinto delle tue assurde teorie? Pensavo avessi compreso oramai che le tue congetture non sono altro che il frutto della paranoia della tua mente instabile” disse Odin con tono falsamente condiscendente.

“Già, ed io pensavo di essere l’unico ad avere l’esclusiva come bugiardo patologico della famiglia” mormorò Loki con un orrendo sorriso che di allegro non aveva nulla.

Coulson fino a quel momento aveva assistito allo scambio di battute alternando lo sguardo da un interlocutore all’altro come se stesse osservando una partita di tennis senza conoscere le regole del gioco. “Uhm, sono confuso…”

Loki si appoggiò allo schienale della sedia accavallando le gambe, poggiò i gomiti sui braccioli e unì le mani di fronte a se incrociando le dita, poi osservò Coulson con attenzione. “Ma certo che è confuso, agente, come potrebbe non esserlo. Lasci pure che le racconti una storia, come ho anticipato è estremamente avvincente, contiene giochi di potere, inganni, manipolazioni e tradimenti. Niente lieto fine, purtroppo, ma come potrebbe volerlo, dopotutto il nostro protagonista decisamente non rientra nell’archetipo dell’eroe. Spero che questo non rappresenti il suo metro di giudizio per una buona storia”

“Loki…” tentò di intervenire Thor, ma il fratello continuò la sua narrazione con tono assorto, alzando la voce

“Prima di tutto l’ambientazione: ci troviamo nel campus dell’università di Yale, New Heaven, Connecticut, durante il rigido autunno di tre anni fa. Il nostro protagonista è un brillante studente del secondo anno della scuola di legge più prestigiosa degli Stati Uniti, pieno di entusiasmo e di voglia di dimostrare di essere in grado un giorno di prendere le redini del famoso studio legale del padre. Naturalmente quindi quando il nostro aspirante avvocato viene a sapere di una posizione aperta per il tirocinio con il suo professore nonché stimato principe del foro Matthew Fremen, si affretta a fare richiesta. Come ho detto in precedenza è uno studente brillante il nostro personaggio principale, la domanda viene perciò prevedibilmente accettata, e fra i vantaggi che si ritrova a ottenere con questa nuova posizione c’è quello di avere accesso all’archivio di documenti e note riguardanti le cause concluse del professor Fremen. Il processo che al tempo occupava il professore riguardava un caso di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, quindi ci può scommettere che il nostro ragazzo, desideroso di dare sin da subito una buona impressione di sé, tuffò il naso in ogni singolo documento presente nell’archivio che anche solo citasse di sfuggita il suddetto reato. Fu proprio il frutto di questa ricerca a portarlo a scoperchiare il vaso di Pandora. Ma a questo punto per comprenderne il contenuto è necessario fare un salto indietro di qualche anno. Corre l’anno 1996-”

“Questa situazione è ridicola, non me ne starò qui ad ascoltare il tuo ennesimo sproloquio studiato per il solo scopo di ottenere i tuoi cinque minuti di gloria!” sbottò Odin interrompendo Loki e alzandosi dalla tavola con l’intenzione di abbandonare la stanza.

“Papà, siediti. Per una volta vorrei ascoltare la versione di Loki dal diretto interessato” disse Thor risoluto, senza staccare gli occhi dal fratello.

Loki parve sinceramente stupito dall’affermazione. Si affrettò a ricomporsi. “Oh, non preoccuparti Thor, se non vuole ascoltare e preferisce andarsene è liberissimo, dopotutto in questo modo non farebbe altro che avvalorare la mia tesi” disse, bevendo qualche sorso di vino e ingoiando con esso anche la piccola ondata di affetto che aveva provato nei confronti del fratello maggiore. Odin dopo un breve momento di frustrata indecisione si sedette di nuovo incrociando le braccia con espressione contrariata.

“Allora, come stavo dicendo corre l’anno 1996, i Pink Floyd entrano a far parte della Hall of Fame, Hillary Clinton fornisce la sua testimonianza riguardo lo scandalo Whitewater, Braveheart di Mel Gibson vince cinque premi oscar e la campagna elettorale del senatore Laufey è al culmine quando il suo nome viene infangato dall’accusa di favoreggiamento e sfruttamento di prostituzione”

“Ah! Ricordo quella storia assurda, il caso Della!” esclamò Coulson all’improvviso, con il braccio destro e il dito indice puntato verso Loki. Egli lo osservò vagamente irritato per l’interruzione, ma divertito per l’entusiasmo.

“Proprio così, la povera Della Volkov, completamente schiacciata in tribunale durante la prima udienza dalla difesa, costituita da un team di avvocati che comprendeva fra gli altri il nostro caro Matthew Fremen… e il qui presente Odin Borson” Loki fece una pausa per versarsi un altro bicchiere di vino e sorseggiarlo un momento, approfittando per studiare la reazione del suo racconto sui presenti. Poi continuò.

“Questa parte del racconto però ruota intorno a un altra ragazza, una prostituta di nome Faurbati, pronta a testimoniare per l’accusa e che sarebbe riuscita dove Della aveva fallito, perché fornita di una prova incontrovertibile del coinvolgimento dell’imputato: la donna aveva un figlio neonato e Laufey era il padre del bambino. Capite bene quale enorme problema rappresentasse per la difesa la sua presenza. Come convincere quindi la donna a non testimoniare? Ma con la leva che smuove e motiva il mondo intero: il denaro. Odin consegnò una discreta somma a Faurbati che sparì poco dopo, la strategia dell’accusa crollò su se stessa a causa della mancanza della testimone chiave, la difesa vinse la causa e dopo qualche mese Laufey divenne finalmente il senatore che noi tutti oggi conosciamo” Ci fu un momento di silenzio mentre i presenti finivano di assimilare le conoscenze appena acquisite sulla vicenda.

“E il bambino? Che fine ha fatto?” Chiese Jane poco dopo. Loki la osservò da sopra le mani giunte con un ghigno soddisfatto, bevve l’ultimo sorso di vino contenuto nel suo bicchiere schioccando la lingua e rispose.

“Ah, è un attenta osservatrice Jane Foster, complimenti. Ebbene, era esattamente questo il contenuto del vaso di Pandora: il destino del piccolo di Faurbati. Il nostro protagonista infatti, scoprì che la sua intera esistenza era una menzogna in una gelida notte di novembre, nella solitudine di un polveroso archivio tra faldoni dimenticati, poiché in uno di essi erano contenuti quattro documenti: l’attestato di nascita del figlio di Faurbati, un test di paternità positivo con il nome di Laufey, un documento di una banca con una transazione monetaria a favore di Faurbati da parte di Odin Borson e i documenti dell’adozione di un bambino firmati dallo stesso uomo. Un bambino nato esattamente nello stesso momento e nello stesso luogo del figlio di Faurbati, un bambino registrato con il nome Loki Odinson”

Loki attese qualche momento prima di alzarsi dalla tavola e dirigersi verso la vetrinetta dei liquori per non disturbare il silenzio che era calato a seguito della conclusione del suo racconto. Una volta di fronte la notevole collezione di superalcolici rifletté per un po' sulla sua scelta, poi tornò a sedersi a tavola con una bottiglia di Macallan e qualche bicchierino.

“Dunque, come vede agente” mormorò poi mentre versava il liquido ambrato in un bicchierino e se lo portava alle labbra, “non c’è da preoccuparsi, effettivamente Odin Borson si occupa con fin troppa dedizione della gestione di testimoni inaspettati” concluse, bevendo il contenuto del bicchierino tutto d’un fiato.

Coulson in verità non sembrava più molto incline a partecipare in qualche modo alla conversazione e si limitò a continuare a fissare Loki con un espressione illeggibile.

“Finito? Ti è bastato oppure vuoi metterti ancora più in imbarazzo continuando questa scenetta di autocommiserazione pateti-”

“È la verità?” Thor interruppe le parole di Odin con voce incerta spostando lo sguardo dai ricami della tovaglia che aveva preso a osservare con aria assente da un po' verso il suo viso “Papà, è… questa è… insomma, dopo l’incidente mi avevi spiegato che Loki è stato adottato ma… figlio biologico del senatore Laufey?” continuò con un tono incredulo e un sottotono di rabbia repressa.

“Oh Thor, per favore, tutto ciò è assolutamente ridicolo…” provò a rispondere Odin ma venne nuovamente interrotto, stavolta da Loki

“Ridicolo? sai che cos’è ridicolo? La tua empatia e la tua incredibile abilità genitoriale nei miei confronti sinceramente. Perché non racconti a Thor cosa mi hai detto quando sono corso da te dopo aver trovato i documenti in cerca di una spiegazione e possibilmente di una rassicurazione?” sputò con una rabbia crescente versandosi dell’altro whisky nel bicchiere e centrandolo solo per metà.

“Oh, questa è la ciliegina sulla torta di tutta questa vicenda, è esilarante ve l’assicuro, pronti?” continuò Loki ridacchiando, senza aspettare una risposta da parte di Odin, rivolto invece verso il resto dei commensali buttando di nuovo giù il contenuto del bicchiere in un sorso solo con un sinistro scintillio negli occhi.

“Loki… sei ubriaco, forse dovremmo continuare in un altro momento…” intervenne Thor guardando il fratello con preoccupazione.

“Certo che sono ubriaco, Thor, in quale altro stato dovrei riuscire ad affrontare questa conversazione?” disse Loki irritato, ignorando poi il suggerimento del fratello.

“Gli mostrai i documenti e gli chiesi chi fossi. Lui rispose semplicemente ‘mio figlio’. Capite bene che non mi bastò, non poteva essere una risposta sufficiente, alla luce dei fatti appena scoperti non ebbe che il sapore di una bugia. Poi confermò il mio timore più grande, che non ero sangue del suo sangue ma mi aveva adottato e che ero il figlio illegittimo di Laufey. Al che gli chiesi… dovevo sapere, gli chiesi per quale motivo mi avesse preso, insomma mamma da che ho memoria continuava a ripetere a me e Thor come un mantra che c’è un motivo dietro ogni decisione di Odin, perciò anche questa non poteva essere casuale, perché proprio io? E lui disse… disse che sapeva che Laufey sarebbe diventato senatore e che sperava che un giorno io sarei potuto diventare un importante fattore di influenza nei suoi confronti. Praticamente ammise che per lui non ho rappresentato altro che una pedina politica, ovviamente ha tentato di giustificarsi dicendo che oramai quelle motivazioni non avevano più significato, ma andiamo, come potevo veramente fidarmi ancora della sua parola? Ed ecco che arriva il clou: proprio in quel momento squilla il telefono dell’ufficio, eravamo nel suo ufficio allo studio legale, e lui risponde e quando tento di dirgli che è ridicolo, che non può pensare di concludere così la sua spiegazione, che stavamo parlando, lui mette una mano sulla cornetta del telefono, mi guarda e mi dice… diglielo tu, che cosa mi hai detto Odin” disse Loki con tono glaciale guardando l’uomo.

Odin si limitò a restituire lo sguardo con un'espressione indecifrabile e le braccia incrociate.

Diglielo!” esclamò Loki con un urlo disperato che racchiudeva la rabbia, la frustrazione, il dolore accumulato in quegli anni.

“Ho detto: ‘no, Loki’ ” rispose Odin, poco più di un sussurro con un aria stupita e lievemente colpevole.

“ ‘no, Loki’ ” ripeté lui con un verso a metà fra una risata e un singhiozzo trattenuto “dopo tutti quegli anni, i sacrifici, le decisioni e i gesti per cercare di ottenere anche solo una briciola della stima e dell’affetto che dimostrava così gratuitamente a Thor. ‘no, Loki’ ” la sua risata morì pian piano. “Ed è lì che ho realizzato, in quell’esatto istante, subito dopo quelle due parole, che non ero più suo figlio. Forse non lo ero mai stato”

“Ti sbagli, ragazzino petulante e lamentoso! Tu eri mio figlio, fino a che non hai imboccato la strada dell’autodistruzione trascinando Frigga nel baratro insieme a te come un bambino bisognoso di attenzioni, è questo che ti ha reso indegno” obiettò Odin

“Io ero la tua delusione, lo sono sempre stato. La tua concezione di ‘degno’ muta in continuazione e non ha mai incluso me”

“Ed è proprio questo che ti rende debole-”

“Oh wow, ok, debole?” interruppe all’improvviso Coulson "con tutto il rispetto signore, ma da quando è considerato debole un ragazzo che desidera una manifestazione di rispetto e approvazione nei suoi confronti da parte di un genitore?"

“Agente, con tutto il rispetto, si sta immischiando in affari che non la riguardano e che non può comprendere” rispose secco Odin

“Oh mi creda, mio malgrado sono decisamente un esperto sull’argomento ‘padri di merda’ ” borbottò Coulson senza guardare Odin, versandosi anche lui un bicchiere di whisky.

“Moderi il linguaggio, agente, le ricordo che in questo momento sta rappresentando il corpo di polizia di East Hartford e non mi piace per niente essere insultato in casa mia, durante una cena alla mia tavola”

Coulson si alzò, tolse il distintivo dalla cintura e lo posò sul tavolo, poi tirò fuori la pistola d’ordinanza dalla fondina, estrasse il caricatore e mise entrambi sul tavolo di fronte a sé vicino al distintivo. “Adesso non rappresento nessuno se non me stesso, Phil Coulson, e devo ripeterlo signore, wow. Scommetto che se facessimo un piccolo sondaggio scopriremmo che Thor e Loki hanno ricordi della loro infanzia molto contrastanti per quanto riguarda lei come figura paterna; non è ironico che lei abbia palesemente sfavorito il figlio che ha scelto? Insomma se si fosse trattato di Thor avrei potuto comprendere meglio, è nato da lei e da sua moglie, non aveva scelta a riguardo, ma ha deciso lei di prendere Loki e poi cos’è successo? Ha pensato che non avesse più valore per lei una volta che Laufey ha concluso la carica di senatore? Oppure dal momento in cui il ragazzo ha cominciato a fare domande più che legittime?”

“Glielo ripeto, stia attento Coulson, nessuno può immaginare il valore che il ragazzo ha avuto nella mia vita fino a che quel piccolo ingrato parassita non ha deciso di rovinarmela!”

“Io si” disse improvvisamente Loki, “e non ho bisogno di immaginarlo, lo so con estrema certezza: cinquantamila dollari, con tanto di ricevuta” concluse ridacchiando. Odin sembrava assolutamente furioso.

“Avevamo il diritto di sapere” disse Thor con voce distante e ferita, squadrando Odin.

“Già, finalmente dici qualcosa di sensato Thor, anche se banale. Avevamo il diritto di sapere. Diamine, se non altro lo avevo io, era un mio diritto fin dalla nascita essere a conoscenza delle mie origini!” rispose Loki stringendo un pugno sotto al tavolo e piantandosi le unghie nel palmo della mano per tentare di scaricare la tensione da qualche parte.

“l’unico diritto che possedevi alla nascita era la morte!” sputò Odin.

Loki aveva la faccia di qualcuno che ha appena ricevuto un gancio destro, gli enormi occhi verdi sembravano ancora più grandi e le sopracciglia unite a formare un angolo acuto, con il vertice al centro della fronte. “Co-cosa?” riuscì a balbettare infine, con una debole vocina insicura.

“Quando Laufey ha scoperto che Faurbati aveva partorito suo figlio voleva farvi fuori a tutti e due e non solo per il pericolo che rappresentavate per l’esito del processo: provava un disgusto e un odio viscerali all’idea di aver dato vita a un cucciolo bastardo con una puttana, parole sue. Era convinto che avere figli bastardi non porta mai a nulla di buono e sinceramente mi rincresce avergli dovuto dare ragione alla fine” disse Odin, senza distogliere lo sguardo da Loki nemmeno per un secondo, con un ghigno crudele stampato sul volto.

Avevano tutti concentrato l’attenzione sul singhiozzo strozzato che si era lasciato sfuggire Loki e sulla sua espressione emotivamente distrutta, con la bocca semi aperta, il colorito più pallido del solito e un unica lacrima che scendeva indisturbata dall’occhio sinistro verso il mento; perciò nessuno si accorse in tempo, nemmeno Odin, che Thor si era alzato dalla sua sedia con tanta foga da farla cadere all’indietro e con un grugnito di rabbia animalesca si era avventato sul padre con il pugno alzato.

Le nocche della mano sinistra di Thor incontrarono lo zigomo destro di Odin che si piegò su se stesso portandosi la mano sulla guancia con un verso di dolore, Jane e Coulson si alzarono nello stesso istante raggiungendo Thor e tentarono di allontanarlo da Odin, che nel frattempo si era rialzato e con una mano ancora premuta sul lato della faccia aveva preso ad urlare rimproveri rabbiosi e increduli al figlio maggiore.

Loki, destatosi a quel punto dalla sorta di stato catatonico in cui era caduto, approfittò del trambusto per uscire indisturbato dalla stanza, silenziosamente. Attraversò il corridoio e chiudendosi in bagno vomitò con sommo dispiacere e disgusto i circa cento dollari di Macallan invecchiato venticinque anni giù nel gabinetto.

 

 

— ♦ —

 

 

Loki, incuriosito, osservò dalla finestra Coulson uscire sul terrazzo adiacente con una coperta di pile sulle spalle. La penombra che avvolgeva la figura dell’uomo fu illuminata brevemente da scintille intermittenti provenienti da un accendino che l’agente stava tentando di far funzionare senza successo. Loki lo vide agitare l’oggetto con crescente frustrazione a ogni nuova scintilla che non dava purtroppo origine a una fiamma che durasse abbastanza da permettergli di accendere la sigaretta che teneva fra le labbra.

Prendendo anche lui una coperta se la avvolse sulle spalle prima di aprire la porta finestra e raggiungere Coulson, porgendogli un secondo accendino che l’uomo prese ringraziando e restituì dopo aver acceso la sigaretta. Poi l’agente tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di Malboro e ne offrì una al ragazzo accanto a lui, che accettò ringraziando. Rimasero a fumare in silenzio osservando il paesaggio nevoso illuminato dalla luna. La tempesta sembrava finalmente essersi placata.

“Sai, stasera non è stata la prima volta che ho incontrato Odin” disse Coulson all’improvviso, continuando ad osservare i fiocchi di neve posarsi lentamente a terra.

“Qualche volta mi è capitato di vederlo al distretto parlare con il capitano. Quando mi hanno assegnato te e ho letto il tuo fascicolo sono rimasto stupito di scoprire che eri il figlio minore di Borson, non sapevo nemmeno che avesse un altro figlio, al distretto da quel poco che aveva menzionato sulla sua vita privata si erano fatti tutti l’idea che avesse una figlia oltre a Thor”

Coulson vide Loki aggrottare la fronte per un secondo, poi un sorriso di triste comprensione attraversò il suo volto “mmhh. Già, eccomi qui. La debole femminuccia che corre a piangere dalla mamma ogni volta che qualcosa non va”

Coulson rimpianse improvvisamente di aver aperto bocca. “Oh… capisco. Beh, non mentivo prima quando ho detto di far parte purtroppo del club esclusivo dei figli con i padri di merda, quindi probabilmente so una cosetta o due su come tu possa sentirti adesso. Se non altro il tuo vecchio ha finalmente vuotato il sacco”

Loki fece spallucce. “Ricordi cosa diceva mia madre? C’è sempre uno scopo dietro ogni azione di Odin. Quell’uomo non mi ha mai offerto la verità a meno che non fosse il modo più semplice per ferirmi”

Coulson strinse la mascella e sputò fuori con forza il fumo inalato dal suo ultimo tiro, prima di far volare il mozzicone della sigaretta oltre il muretto del terrazzo con un veloce colpetto delle dita.

“Odin avrà anche voluto ferirti, ma sta a te decidere se ci è riuscito oppure no. Questo è quello che ho capito dopo anni di rapporto col mio vecchio, sono molto più sereno adesso” rispose l’agente stringendo brevemente la spalla di Loki e voltandosi per rientrare in casa.

“Oh, quasi dimenticavo, tieni” disse poi fermandosi prima di aprire la porta finestra e allungando una busta verso Loki. Lui fece qualche passo per raggiungere l’uomo e la prese, conteneva un altro contenitore sterile vuoto. Loki lo guardò con un sopracciglio alzato

“Direi che dopo 8 ore sei decisamente fuori pericolo per falsi positivi. Riportamelo pieno prima che vada via” spiegò Coulson. Loki annuì offrendo un piccolo sorriso, poi guardò l’agente sparire oltre i vetri della porta finestra appannati dalla condensa.

Notes:

Capitolo un pò più lungo, spero che nessuno si lamenti ;) il prossimo sarà l'ultimo e decisamente più corto, è una sorta di conclusione/epilogo.
la citazione di Nietzsche viene da "Umano, troppo umano" mentre quella di Kafka da "Lettera al padre".
Per quanto riguarda il farmaco di Loki e il test antidroga come al solito ho tentato di documentarmi al meglio sulle procedure e sulle possibili interazioni che possono dare falsi positivi, questo è una delle mie fonti per gli interessati:
https://www.salutedintorni.it/farmaci-e-farmaci-cosa-puo-causare-un-test-antidroga-falso-positivo/

Per quanto riguarda i genitori e il passato di Jane e Coulson mi sono palesemente presa delle libertà, adattando alcuni aspetti per la trama della mia storia o inventandolo di sana pianta nel caso di Coulson, visto che su wikifandom dove mi sono informata non si parla quasi per niente dei suoi genitori. Sorry Coulson, non sembra che tuo padre fosse un pessimo genitore, ma non ho trovato nemmeno fonti che lo negano perciò per stavolta è così :)

Al prossimo capitolo,
GipsyK

Chapter 4: Epilogo

Notes:

(See the end of the chapter for notes.)

Chapter Text

Epilogo


 

 

Loki ripiegò con cura la lettera e la strinse fra le mani, osservando il cielo schiarirsi pian piano dallo scalino del portico sul quale era seduto. Immerso com’era nei suoi pensieri non si accorse della presenza di Thor finché il fratello non si fu seduto accanto a lui.

“Ehi, Loki. Che ci fai già sveglio sul portico? Non è ancora mattina e si gela qui fuori” disse Thor strofinando le mani fra loro nel tentativo di scaldarle. Lo sguardo di Loki cadde sulle nocche arrossate della mano sinistra del fratello.

“Ti fa male?” chiese, indicando la mano con un gesto del capo allo sguardo confuso di Thor.

“Oh, no. Dovresti vedere il viso dell’altro” rispose lui con un ghigno ironico. Loki alzò gli occhi al cielo ridacchiando in un espressione di esasperato divertimento.

“Sul serio però, dovresti andare a vederlo. Abbiamo parlato praticamente tutta la notte e penso di averlo convinto a considerare un compromesso: avrai l’eredità di mamma, comprese le quote dello studio legale, se vorrai riprendere e concludere gli studi a Yale”

Loki non rispose, abbassò lo sguardo sulla lettera che teneva fra le mani e la osservò pensieroso per qualche momento, poi tenendola fra l’indice e il medio della mano destra la porse a Thor.

Il fratello la guardò stupito e titubante e Loki, percependo la sua esitazione, la scosse leggermente con un gesto del polso in un chiaro invito a leggerla. Thor la prese e la aprì lisciandola sulle gambe.

Mio caro Loki, lesse in alto a sinistra, poi guardò Loki con l’intenzione di chiedere una conferma verbale sul permesso di leggerne il contenuto, ma il fratello aveva preso in mano un vecchio lettore CD portatile e dopo aver scelto un disco da una piccola pila alla sua sinistra lo inserì e si infilò le cuffie nelle orecchie. Thor riportò la sua attenzione sulla lettera.

 

Mio caro Loki,

Se stai leggendo questa lettera significa che io non mi trovo più insieme a te e Thor e che con mio sommo rammarico non siamo riusciti a riconciliarci prima della mia dipartita. Ti prego di non fartene una colpa poiché io stessa non potrei mai biasimarti per il desiderio di prendere le distanze da me e Odin in seguito alle tue scoperte e alla nostra conversazione avvenuta poco dopo, piuttosto sono io a doverti chiedere perdono: io e tuo padre abbiamo fallito con te Loki, questo è il mio più grande rimpianto e non riuscirò mai a perdonarmelo, perciò non pretendo che lo faccia tu, ma spero comunque che con il tempo e forse anche grazie a queste mie parole riuscirai a trovare la forza per seppellire il rancore, non per me ma per te stesso, perché provare rancore verso qualcuno che non c’è più porta solamente a dover convivere con un anima lacerata. 

 

Da che ho memoria sei sempre stato un bambino e poi un ragazzo estremamente brillante, perspicace, con una mente rapida e affilata e una curiosità insaziabile, costantemente dieci passi avanti rispetto al resto del mondo: avrei dovuto prevedere che sarebbe stata una questione di ‘quando’ avresti scoperto da solo la verità riguardo la tua nascita e l’adozione, non di ‘se’. Ho tentato in diverse occasioni durante il corso della tua vita di convincere Odin a rivelarti le tue origini, ma lui non volle mai sentir ragione, ad oggi non ne comprendo del tutto il motivo, nel corso degli anni me ne ha forniti diversi: durante la tua infanzia temeva che te lo lasciassi sfuggire e la voce giungesse alle orecchie di qualcuno in cerca di un arma di ricatto, poi nel corso della tua adolescenza era certo che tu avresti espresso il desiderio di parlare con i tuoi genitori biologici e per qualche ragione che a me non ha mai voluto rivelare il pensiero che Laufey venisse a conoscenza del fatto che tu fossi ancora vivo e vivessi con noi lo terrorizzava. Probabilmente temeva semplicemente che tu non lo avresti amato più come prima.

 

Devi sapere però, mio tesoro, che tutto ciò non ha mai significato nulla per me, perché dal momento in cui tuo padre ha posato tra le mie braccia questo piccolo esserino, questa fragile nuova vita, il mio cuore si è aperto a metà, come mi era già successo con Thor e ho sentito di essere diventata mamma una seconda volta, nonostante tu non fossi frutto del mio grembo. Non ha avuto importanza allora e non ne ha mai avuta in seguito.

 

Perciò il momento in cui mi sono resa conto che Odin aveva iniziato a favorire Thor, prima con piccoli gesti e considerazioni calcolate e quasi impercettibili, poi con sempre più palese evidenza, è stato il momento in cui ho iniziato a allontanarmi da tuo padre. Anche in questo caso posso solamente speculare sulle sue motivazioni, Odin ha sempre negato questo suo comportamento, forse il tuo intelletto si stava sviluppando tanto velocemente da creare un divario troppo ampio fra te e Thor, forse aveva già deciso che spettasse a Thor in quanto figlio maggiore ereditare un giorno lo studio legale e percepiva te come una pericolosa concorrenza. Forse semplicemente avevi smesso di venerarlo al livello che riteneva gli fosse dovuto.

 

Il mio allontanamento emotivo ovviamente non ha fatto altro che aumentare il risentimento di Odin nei tuoi confronti, creando un circolo vizioso del quale avrei dovuto immaginare la tragica conclusione. Questo, tesoro, è il mio secondo grande rimpianto: ho reagito con sempre più glaciale indifferenza e rabbia verso Odin ad ogni suo torto nei tuoi confronti quando avrei dovuto intervenire in maniera più diretta e non limitarmi a rappresentare un punto di riferimento per te dove cercare conforto in seguito. Il compito di ogni madre è quello di proteggere i propri figli e questo ha la precedenza sul rispetto dei sentimenti che la legano al marito, soprattutto se egli è un uomo tanto disonorevole da ferire intenzionalmente i propri figli. Per questo sento di aver fallito come madre e di doverti le mie scuse più sincere. Vorrei che una cosa fosse chiara: non hai fatto assolutamente nulla per meritare questo trattamento, se preferirai ignorare tutte le mie altre parole fai pure, ma desidero ardentemente che almeno questo messaggio tu lo acquisisca e lo faccia tuo, perciò lo ripeterò: nulla di ciò che tu abbia mai fatto o detto può o deve giustificare il comportamento che Odin ha adottato nei tuoi confronti.

 

In seguito all’incidente e al tuo arresto il risentimento di Odin ha raggiunto l’apice, ha lentamente tentato di eliminare ogni tua traccia dal passato e dal futuro della nostra famiglia in una sorta di moderna damnatio memoriae, ed è lì che anche la mia avversione nei suoi confronti ha raggiunto il limite. La condizione in cui mi trovo mi provoca periodiche complicazioni di salute e sono consapevole che sarà solamente una questione di tempo prima che sarò costretta a congedarmi da questa vita, da te e da Thor, perciò ho deciso di aggiornare le mie ultime volontà: sono certa che Thor riceverà un giorno tutto ciò che Odin possiede, quindi ho deciso di lasciare a te tutto ciò che possiedo io, così che avrete effettivamente entrambi la possibilità in futuro di prendere in mano la gestione dello studio legale, proprio come Odin vi ha da sempre promesso, ma non ha mai avuto davvero intenzione di mantenere.

 

Spero che queste mie poche righe, nonostante non possano sostituire le parole di una sentita confessione ascoltata di persona, di un ultimo bacio e un ultimo abbraccio, ti siano risultate altrettanto sincere e che ti portino almeno un pizzico del conforto e della serenità che meriti.

 

Ti voglio bene, mio bellissimo, stupendo ragazzo.

 

Tua madre,

Frigga

 

 

Thor si asciugò una lacrima solitaria dalla guancia destra e tirò su col naso. Rimase in silenzio vicino a Loki per qualche minuto, riflettendo su ciò che aveva appena letto, sul passato, sul futuro. Dopo essersi ricomposto un pochino si girò verso il fratello, ancora intento ad ascoltare il CD con aria assorta.

“Dove sei riuscito a trovare quel pezzo d’antiquariato?” chiese indicando il vecchio lettore CD portatile. Loki si tolse la cuffietta destra con un sorrisetto

“In camera di mamma. Ti ricordi questo CD? Lo ascoltava in continuazione il sabato mattina” rispose Loki spingendo la cuffietta libera nell’orecchio sinistro di Thor. Le prime note di here comes the sun dei Beatles gli risuonarono nella testa e non poté evitare di guardare il fratello con un enorme sorriso e un luccichio di gioia negli occhi

“Questa era la sua canzone preferita! Ricordi, la cantavamo tutti e tre insieme mentre preparavamo la colazione?” ridacchiarono entrambi, ricordando la bellissima voce di Frigga e gli orrendi urli stonati dei due bambini, le tovagliette gialle e i piattini verdi, il profumo del succo d’arancia appena spremuto e il dolce sapore dei pancake con lo sciroppo d’acero.

Canticchiarono il ritornello ridendo, mentre i primi caldi raggi del sole li investivano in pieno volto e riflettevano il bianco accecante della neve fresca. Thor mise un braccio intorno alle spalle del fratello che lo guardò sorridendo.

“Ti assicuro fratello, il sole brillerà nuovamente su di noi” disse Loki spostando poi lo sguardo sui magici colori dell’alba all’orizzonte.

 

Thor decise che stavolta gli avrebbe creduto.

Notes:

The end. La lettera di Frigga è stata estremamente difficile da scrivere, più di tutto il resto per qualche motivo e non mi convince assolutamente, ma oramai l'ho editata e sistemata talmente tante volte da essere purtroppo costretta ad ammettere a me stessa che questo è il meglio che riuscirò ad ottenere da sola. Spero che a voi piaccia più di quanto soddisfi me.

Mi farebbe molto piacere se qualcuno di voi lettori silenziosi, che ringrazio infinitamente per aver impiegato del tempo per leggere questa mia storia, mi desse qualche feedback, anche e soprattutto se avete delle critiche, questa è la prima vera storia che pubblico e avere anche solo una piccola recensione mi aiuterebbe moltissimo per migliorare in futuro.

Alla prossima fanfiction!
GipsyK